Prelazione agraria in caso di vendita di una quota indivisa del fondo rustico

Il diritto di prelazione sussiste anche nel caso di vendita solo di una quota indivisa dell’intero fondo.


GIURISPRUDENZA


Cassazione Civile, sez. III, 12-11-2010, n. 22944
Il bene oggetto della prelazione o del riscatto deve corrispondere perfettamente con l’oggetto della vendita: se è posta in vendita solo una quota indivisa del fondo, questa ben può essere prelazionata o retrattata, senza che costituisca ostacolo il fatto che si tratti solo di una quota ideale del fondo. Se è posto in vendita l’intero fondo (o solo una parte fisica dello stesso), l’esercizio dei predetti diritti di cui all’art. 8 l. 590/1965 non può essere limitato solo a una quota del bene in concreto compravenduto.
Nel caso di vendita a terzi di un fondo coltivato da una pluralità di affittuari, questi esercitano il diritto di prelazione congiuntamente, rimanendo, quindi, in comunione pro indiviso. Inoltre, anche il diritto di prelazione del confinante di cui all’art. 7, secondo comma, l. 14 agosto 1971, n. 817, sussiste nell’ipotesi di alienazione di quota del fondo posto a confine (conforme a Cass. 24 febbraio 1983, n. 1435).
L’affittuario di fondo agricolo può esercitare il diritto di prelazione e quello di riscatto anche nel caso in cui il terreno oggetto del rapporto agrario appartenga a più proprietari “pro indiviso”, ed uno di essi ceda la sua quota a terzi.

Cassazione Civile, sez. III, 3-12-2009, n. 25406
Il diritto di prelazione agraria, previsto dall’art. 8 l. 26 maggio 1965 n. 590, spetta all’affittuario coltivatore diretto di una porzione di un più ampio fondo, anche nel caso in cui il locatore intenda alienare a terzi una quota indivisa dell’intero fondo. In tal caso, tuttavia, l’esercizio del diritto di prelazione è soggetto alla duplice condizione che la porzione di fondo coltivata dall’affittuario sia autonoma dal punto di vista strutturale, funzionale e produttivo, e che lo scorporo della porzione oggetto della prelazione (e del riscatto) non pregiudichi notevolmente la possibilità di coltivazione del fondo unitariamente considerato ovvero non comporti l’imposizione, sulle restanti parti, di servitù ed oneri reali, tali da comprometterne l’esclusività del godimento e menomarne il valore di scambio. Ove siano soddisfatte tali condizioni, non osta all’esercizio del diritto di prelazione la circostanza che, nel caso di futura divisione del fondo, al coltivatore diretto possa essere assegnata una porzione diversa da quella effettivamente coltivata, trattandosi di rischio connesso allo stato di indivisione, e necessariamente noto al coltivatore al momento dell’esercizio della prelazione.

Cassazione Civile, sez. II, 28-05-2008, n. 14000
In materia di ordinamento dei masi chiusi, la possibilità per il comproprietario che lavora il maso di esercitare il diritto di prelazione, secondo quanto previsto dal comma 1 dell’art. 30/c del d.P.G.P. n. 32 del 1978 nell’ipotesi di comproprietà del maso chiuso per la vendita di singole quote e di assegnazione in via di divisione – e, dunque, in caso sia di comunione ordinaria, che di comunione ereditaria – non può essere estesa alla diversa fattispecie disciplinata dal comma 4 dello stesso art. 30/c, il quale, nell’ipotesi in cui nessuno dei comproprietari abbia i requisiti previsti o l’avente diritto non intenda esercitare il diritto di prelazione, richiama l’art. 732 c.c. e, quindi, l’esistenza di una comunione ereditaria ovvero di un rapporto tra coeredi che giustifichi, anche in assenza del requisito da parte di costoro della lavorazione del maso, un regime di favore per la persistenza e l’eventuale concentrazione della proprietà del maso nell’ambito dei successori del “de cuius”, così da tutelare in tali limiti il principio della connessione dell’azienda agricola costituita in maso con l’originaria compagine familiare che ne è alla base. (Nella specie, la S.C., enunciando l’anzidetto principio, ha confermato la sentenza di merito che aveva negato ad un comproprietario di maso chiuso, che lo aveva acquistato per donazione e nel quale egli non lavorava, il diritto di prelazione ai sensi dell’art. 732 c.c. nei confronti del coniuge di altro comproprietario cui quest’ultimo aveva venduto la propria quota indivisa dal maso stesso).

Cassazione Civile, sez. III, 29-03-2006, n. 7231
L’effetto dichiarativo-retroattivo della divisione – che poggia in via esclusiva sull’art. 757 c.c. e che l’art. 1116 c.c. estende al rapporto fra comproprietari che non sono coeredi – comporta che ciascun condividente sia considerato titolare ex tunc, e cioè all’apertura della successione, dei beni assegnatigli, saldando l’intervallo di tempo che separa la delazione (e la conseguente accettazione dell’eredità) dalla divisione. Tale natura dichiarativa esclude che la divisione abbia anche efficacia traslativa, poichè l’atto che la dispone (consista in una sentenza o in un contratto) non comporta un effetto di trasferimento fra i condividenti nei rapporti reciproci, nè fra la comunione che si scioglie ed i singoli condividenti, dal momento che il titolo di acquisto del singolo condividente è da farsi risalire non all’atto divisionale, ma all’originario titolo che ha costituito la situazione di comproprietà, sciolta poi con la divisione, senza che possa ritenersi che gli effetti dell’atto che ha dato origine alla comunione si incrementino a seguito della divisione, poiché essi si modificano soltanto sotto l’aspetto qualitativo (ovvero passando dalla quota indivisa al bene attribuito con l'”apporzionamento”), essendosi l’acquisto del coerede o del comproprietario di cose comuni già realizzato. (Nella specie, la S.C., ha confermato la sentenza impugnata con la quale, in un caso di riscatto agrario esercitato dai ricorrenti con riferimento ad un contratto di vendita del 1990 avente ad oggetto solo una quota indivisa pari alla metà del fondo dedotto in controversia, era stato correttamente ritenuto che l’oggetto dell’azione di riscatto non poteva essere più ampio di quella metà indivisa, non potendosi estendere, in particolare, alla seconda metà indivisa non oggetto della vendita stessa, poichè l’acquisto di quest’ultima era conseguita soltanto alla divisione intervenuta nel 1991, che non essendo qualificabile come atto di trasferimento a titolo oneroso, non poteva essere suscettibile di prelazione e riscatto).

Cassazione Civile, sez. III, 30-01-2006, n. 1870
Il trasferimento a titolo oneroso di una quota indivisa di un fondo rustico in comunione, da parte del titolare di essa, non comporta la spettanza del diritto di prelazione agraria all’altro comproprietario del fondo stesso, ove questi non si trovi nelle condizioni specificatamente e tassativamente contemplate dal terzo e dall’ultimo comma dell’art. 8 della legge n. 590 del 1965, e cioè risulti componente della famiglia coltivatrice del fondo ovvero coerede del venditore, oltre che coltivatore diretto (conf. Cass., 26.7.2001, n. 10218).

Tribunale Verona, 20-05-1998
Gli istituti della prelazione e del riscatto agrario, di cui all’art. 8 l. 26 maggio 1965 n. 590, sono applicabili anche nell’ipotesi d’alienazione di quota di un fondo appartenente a più persone in proprietà indivisa, atteso che, pure in tale caso, si realizza la finalità perseguita dalla suddetta norma, venendo a coincidere la qualità di coltivatore con quella di proprietario del bene, nell’integrità della sua consistenza, sia pure nella misura della quota e con le limitazioni derivanti dalla presenza di altro comproprietario

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *