Regolamento CE 2201/2003 ed esecuzione delle decisioni in tema di affidamento dei minori

La disciplina dell’affidamento, del diritto di visita e della sottrazione dei minori nelle convenzioni internazionali


L’Autore analizza la disciplina dell’affidamento, del diritto di visita e della sottrazione dei minori nella Convenzione dell’Aja del 5 ottobre 1961, sulla competenza e sulle norme applicabili in materia di protezione dei minori e dei loro beni; nella Convenzione Europea del Lussemburgo del 20 maggio 1980; nella Convenzione dell’Aja del 25 ottobre 1980 sugli aspetti civili della sottrazione dei minori ed, infine, nel Reg. del Consiglio d’Europa n. 2201/2003.


Cassazione civile, Sezioni Unite, 20 dicembre 2006, n. 27188

A) Necessità di exequatur del provvedimento sull’affidamento di minore nello stato di abituale residenza dello stesso
Nella disciplina del Regolamento CE n.2201/2003, la decisione del giudice italiano, la quale modifichi una precedente scelta e sostituisca l’uno a l’altro genitore nella qualità di affidatario del figlio minore, non autorizza il nuovo affidatario a prelevare e trasferire il minore stesso dallo Stato membro in cui risieda assieme al precedente affidatario, rendendosi a tal fine necessaria la dichiarazione di esecutività di cui all’art. 28 del medesimo regolamento.
B) Mancata deduzione del difetto di giurisdizione ed impossibilità di dedurlo o rilevarlo in diversa sede.
Il difetto di giurisdizione, ove non si traduca in radicale nullità od inesistenza dell’atto, integra un vizio denunciabile con i mezzi d’impugnazione e con i rimedi accordati dalla regole del procedimento nel quale l’atto stesso si è formato, talché non può essere dedotto o rilevato in una diversa sede processuale, per confutare il titolo, ormai definitivo fatto valere a sostegno di una distinta domanda od eccezione.

1. Il caso

In seguito alla separazione tra coniugi – una cittadina spagnola ed un italiano – il Tribunale per i Minorenni di Napoli, con provvedimento confermato dalla Corte d’Appello, affida la figlia alla madre con l’obbligo di stabilire la propria residenza nella Regione Campania, ove risiede il padre.

La donna, ritenendo tale limitazione inefficace perché contrastante con la Costituzione ed il Trattato Istitutivo dell’UE, si trasferisce in Spagna e porta con sé la minore.

Il padre reagisce, contestando la legittimità del trasferimento e chiedendo al Tribunale per i Minori l’affidamento della bambina. La sua istanza, respinta in primo grado, viene accolta in appello.

Pochi giorni dopo la pronuncia, Sempronio riporta con sé la figlia in Italia, dopo averle fatto visita in Spagna.

Su queste premesse, la ex moglie chiede al Tribunale per i Minorenni di disporre l’immediato rientro della figlia in Spagna, sostenendo che la condotta del padre configura un’arbitraria sottrazione della minore. Il provvedimento di affidamento al padre era, infatti, nullo per carenza di giurisdizione e, comunque, inefficace in assenza di un exequatur della competente autorità spagnola.

Il Tribunale adito respinge la domanda, rilevando che, ai sensi del Regolamento CE n. 2201/2003, il provvedimento censurato è da ritenere immediatamente efficace in tutti i paesi della Comunità Europea (ex art. 21, primo comma, Reg. cit.). Inoltre, considerato che la domanda per la modifica dell’affidamento era stata proposta entro tre mesi dal trasferimento in Spagna, non vi era difetto di giurisdizione. Secondo la Corte, infatti, opera l’art. 9, primo comma, del regolamento, che dispone l’ultrattività, per un trimestre della competenza giurisdizionale del giudice della precedente residenza abituale della minore.

La madre, non soddisfatta dalla decisione, ricorre in Cassazione. Il marito si difende e propone ricorso incidentale.

Il primo motivo di gravame, formulato dal padre, attinente alla completezza dell’atto introduttivo, viene giudicato infondato dalle Sezioni Unite1 in quanto il contraddittorio è assicurato dalla presenza del P.G. presso la Cassazione.

Stessa sorte per il secondo motivo, con il quale la ricorrente sostiene l’invalidità, per difetto di giurisdizione, del decreto della Corte d’Appello che ha concesso l’affidamento al resistente. Il Tribunale, nella prospettazione offerta, avrebbe dovuto rilevare l’invalidità del provvedimento, in quanto la competenza giurisdizionale spettava esclusivamente all’autorità dello Stato (la Spagna) in cui la minore risiedeva abitualmente. Tale principio non è derogato dall’art. 9, primo comma2, del regolamento CE 2201/2003, che si riferisce esclusivamente alle pronunce sul diritto di visita e non a quelle in tema di affidamento.

La censura viene dichiarata inammissibile perché, quand’anche l’eccezione di difetto di giurisdizione fosse fondata, essa non determinerebbe la radicale nullità o inesistenza dell’atto impugnato. Infatti, in assenza di una tempestiva formulazione, l’eccezione non può essere proposta per la prima volta nel giudizio in cassazione, talché non può intaccare un titolo, ormai definitivo, seppure rebus sic stantibus.

Quanto, infine, al primo motivo, la ricorrente denuncia il mancato coordinamento tra le disposizioni dell’art. 21, comma I, del Reg. n. 2201/2003 e quelle del successivo II comma, nonché dell’art. 28. In sostanza, la madre sostiene che il marito avrebbe potuto avvalersi del provvedimento di affidamento solo dopo avere richiesto ed ottenuto la declaratoria di esecutività al giudice spagnolo.

La Corte, che si occupa per la prima volta del problema, accoglie la censura, dopo aver precisato che:

  1. il regolamento CE si applica alle decisioni in tema di divorzio, separazione personale ed annullamento del matrimonio, nonché di “responsabilità genitoriale”. In questa ultima categoria è espressamente incluso l’affidamento dei figli minori (art. 1);
  2. l’art. 21, comma I, fissa il principio generale secondo il quale le decisioni giudiziarie rese in uno degli Stati membri, sono automaticamente riconosciute anche negli altri ed a tal fine, non è necessario alcun procedimento suppletivo;
  3. tale esenzione, con riferimento al rapporto matrimoniale, opera anche per gli aggiornamenti delle iscrizioni anagrafiche in conseguenza di statuizioni non più impugnabili. Solo nel caso in cui sussistano le circostanze ostative al riconoscimento (artt. 223 e 234) o vi sia contestazione sull’esistenza o meno di tali circostanze, l’interessato potrà attivare un procedimento ad hoc, disciplinato, anch’esso dall’art. 215. Le predette disposizioni sono applicabili anche in materia di potestà genitoriale, questione alla quale espressamente si riferisce l’art. 23.
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E’ pertanto corretto affermare che le decisioni relative alla potestà genitoriale godono dell’automatico riconoscimento (restando l’eventuale disconoscimento subordinato ad un’iniziativa di parte). Ma va precisato che esse, ai sensi dell’art. 286, non possono costituire valido titolo di mutamento della situazione in atto, se non assistite da un’apposita declaratoria di esecutività, emessa dall’autorità competente, su istanza dell’interessato e previa notifica alla controparte. Tale peculiarità distingue i provvedimenti in materia di affidamento da tutti gli altri, assoggettati alla regola generale dell’eseguibilità come conseguenza del riconoscimento automatico.

Questo limite trova logica giustificazione nella necessità di protezione del minore da provvedimenti che, nella loro fase attuativa, incidono notevolmente sulle sue abitudini, comportano il suo sradicamento dall’ambiente di vita che lo circonda, talché si rende opportuno l’intervento dello Stato membro nel quale il provvedimento deve essere eseguito.

I provvedimenti di affidamento dei minori resi dall’autorità giudiziaria di uno Stato membro, per essere attuati in un altro Stato membro necessitano di un’apposita declaratoria di esecutività e della loro notifica alla controparte.

La Corte chiarisce come la suddetta interpretazione sia confermata, a contrariis, dalla disposizione contenuta nell’art. 41 che, con riguardo alle decisioni inerenti al diritto di visita (che interferiscono in misura più limitata sulle posizioni del minore), ne prevede l’automatico riconoscimento e l’automatica eseguibilità.

In conclusione, la Cassazione afferma che, nella disciplina del regolamento CE 2201/03, la decisione resa dal giudice italiano, la quale modifichi una precedente scelta e sostituisca un genitore all’altro nella qualità di affidatario del figlio minore, non autorizza il nuovo affidatario a prelevare e trasferire il minore dallo Stato membro in cui risieda. E’ necessaria, pertanto, la suddetta declaratoria di esecutività.

Quanto al terzo motivo del ricorso principale e cioè che il Tribunale avrebbe dovuto, comunque, ritenere preclusa l’esecuzione del decreto della Corte d’Appello, per carenza dei presupposti di cui all’art. 23, lettera c) del regolamento (causa la contumacia della ricorrente nel relativo procedimento), la Suprema Corte ritiene che sia superato dall’accoglimento del primo motivo, senza contare che la verifica sull’osservanza dell’art. 23, spetta, ai sensi del successivo art. 31, al giudice competente a dichiarare l’esecutività.

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2. La disciplina dell’affidamento, del diritto di visita e della sottrazione di minori nelle convenzioni internazionali

Negli ultimi anni la crescita esponenziale di matrimoni o unioni di fatto fra soggetti aventi diverse nazionalità o residenti in Stati differenti rispetto a quello di provenienza si accompagna ad un pari incremento dei conflitti di natura familiare. Le autorità giudiziarie, nell’adottare i necessari provvedimenti, devono, pertanto, affrontare complesse questioni di competenza giurisdizionale, fenomeni di forum shopping o di litispendenza internazionale oltre che individuare la legge applicabile al caso concreto. L’incertezza, talvolta, è aggravata dalla coesistenza di una serie disomogenea di fonti, quali convenzioni e regolamenti7, che si avvicendano e si integrano.

Tenteremo, in questa analisi per brevi cenni, di offrire alcune indicazioni in tema di affidamento, diritto di visita8, nonché sottrazione internazionale dei minori9, regolate oltre che dalle norme di diritto internazionale privato (L. 31 maggio 1995, n. 218)10, anche da numerose convenzioni internazionali11. In primo luogo, la Convenzione dell’Aja del 5 ottobre 196112, sulla competenza13 e sulle norme applicabili14 in materia di protezione dei minori15 e dei loro beni, applicabile alla tutela, alla potestà dei genitori, alle modalità di visita, (in generale e del genitore non affidatario), alla rappresentanza legale, all’affidamento e numerosi altri istituti. Convenzione che, va ricordato, ha acquisito ancora maggior importanza in forza del richiamo, operato dall’art. 42 d.i.p. in tema di protezione dei minori16 e che, pertanto, è diventata disciplina di applicazione necessaria per tutti i minori residenti in Italia anche se il loro Stato di appartenenza non ne è parte contraente17.

Non va, inoltre, dimenticata la Convenzione Europea del Lussemburgo del 20 maggio 198018 la quale introduce una serie di disposizioni volte a ristabilire l’affidamento dei minori di anni 16 che sia stato arbitrariamente interrotto. In particolare, essa riconosce e dà esecuzione ai provvedimenti stranieri in materia di affidamento19 e diritto di visita, in modo rapido e semplice, attraverso la cooperazione tra le varie autorità giudiziarie.

Presupposti per invocarne l’applicazione sono l’illecito trasferimento del minore da uno Stato contraente ad un altro (o il suo espatrio nell’esercizio del diritto di visita ed il mancato rientro presso il genitore affidatario) nonché l’esistenza di un provvedimento di affidamento o di esercizio del diritto di visita20 che si vuol far riconoscere o eseguire nell’altro Stato (art. 7)21.

La Convenzione impedisce al genitore, che sottrae il minore, di legalizzare in un altro Stato la situazione di affidamento, ovvero garantisce, in via preventiva22, che il provvedimento di affidamento venga riconosciuto in un altro Stato per scongiurare eventuali trasferimenti illeciti o il mancato ritorno del minore.

Nel dare esecuzione al provvedimento straniero, l’autorità competente non può effettuare alcun esame sul merito, ma deve rendersi edotta del punto di vista del minore (art. 16). Il Tribunale per i minorenni decide, entro 30 giorni dalla presentazione del ricorso, con decreto, contro il quale può essere proposto ricorso per cassazione. In Italia, il decreto viene eseguito dalla Procura presso il Tribunale dei minorenni.

Di frequentissima applicazione giurisprudenziale è, anche, la Convenzione dell’Aja del 25 ottobre 1980 sugli aspetti civili della sottrazione dei minori23. Essa mira ad assicurare l’immediato rientro del minore di anni 16 nello Stato richiedente, qualora sia stato trasferito arbitrariamente24 all’estero o trattenuto illecitamente in uno degli Stati contraenti (art. 3)25; tutela, inoltre, il rispetto dell’affidamento e dell’esercizio effettivo del diritto di visita26. Si tratta, pertanto, di uno strumento recuperatorio con lo scopo di ristabilire lo stato di fatto27 interrotto dalla sottrazione, attraverso un procedimento privo di particolari formalità28 che può essere attivato dal soggetto (persona, istituzione o ente) il quale ritiene leso il proprio diritto di custodia29. L’autorità amministrativa o giudiziaria dello Stato a cui è rivolta la richiesta di rimpatrio può applicare direttamente la legislazione dello Stato di residenza abituale del minore30, senza, però, svolgere particolari indagini sull’esistenza della legge o di decisioni straniere. La sottrazione illecita è più difficile da invocare, invece, se il minore espatriato è affidato congiuntamente a genitori residenti in Stati diversi. In tale ipotesi è necessario provare che la residenza abituale31 del figlio è presso il genitore al quale è stato sottratto32. Qualora la domanda33 venga proposta entro un anno dal trasferimento illegittimo, lo Stato richiesto ordina immediatamente il rimpatrio; qualora invece, la domanda venga presentata successivamente a detto periodo, lo Stato può negare il ritorno se il minore risulta integrato nel nuovo ambiente34, ovvero se il suo ritorno contrasti con i principi fondamentali in materia di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali vigenti nello Stato in cui il minore si trova (art. 20). Un altro vantaggio della convenzione è rappresentato dall’istituto dell’acquiescenza processuale, un accordo, anche temporaneo, durante il giudizio instaurato per il rimpatrio del minore, sulla sua attuale situazione. Le parti, che non ravvisano la necessità di ristabilire d’urgenza lo stato di fatto precedente, chiedono la sospensione della procedura di rientro in attesa di trovare una soluzione su tutta la situazione controversa (diritto di affidamento, mantenimento..). La convenzione si occupa, infine, del diritto di visita che in sé comprende anche la facoltà di condurre il minore in un luogo diverso dalla sua residenza abituale per un periodo limitato nel tempo (art. 5). Ne ristabilisce l’esercizio effettivo, qualora esso venga ostacolato (art. 4), specialmente attraverso la cooperazione tra le autorità centrali nazionali35, principio che è a fondamento anche della Convenzione O.N.U. di New York del 20 novembre 1989, sui diritti del fanciullo36.

3. La responsabilità genitoriale nel regolamento (CE) n. 2201/2003

Di fondamentale importanza è, infine, il Reg. del Consiglio d’Europa 27 novembre 2003, n. 2201/200337, oggetto di immediata applicazione nella fattispecie decisa dalla Suprema Corte. Esso interviene nuovamente sulla materia con un complesso di norme che si sostituiscono a quelle del precedente Reg. CE 1347/2000 (Bruxelles II) e prevalgono, nei rapporti tra gli Stati membri, sulle convenzioni vigenti concluse tra due o più Stati, relativamente alle materie disciplinate dal regolamento stesso (capo V, artt. 59-63)38.

La disciplina comunitaria, oltre a trovare applicazione in materia di divorzio, separazione personale e annullamento del matrimonio, regola anche la responsabilità genitoriale39. Con questa nozione, preferita a quella di potestà genitoriale40, si intende l’insieme dei diritti e dei doveri che fanno capo a persone fisiche o giuridiche, in virtù di una decisione giudiziaria, della legge o di un accordo, relativi alla persona o ai beni di un minore. Il regolamento compie, così, una sorta di “rivoluzione copernicana”41, segnando il passaggio da una concezione della famiglia in cui la posizione dominante è quella dei genitori (e prima ancora del padre), ad una concezione in cui al centro sono posti i figli ed, in particolar modo, l’interesse superiore del minore, nei cui confronti i genitori, lungi dal vantare diritti e poteri, sono soggetti a responsabilità. Privilegia, dunque, “l’aspetto degli obblighi dei genitori”, escludendo, almeno apparentemente che essi abbiano come corollario una posizione di soggezione dell’altra parte del rapporto42. E’ evidente, però, che la responsabilità genitoriale riassume in sé anche alcuni diritti ed, in particolare, quello di visita e quello di affidamento43, di cui è titolare qualsiasi persona che eserciti la responsabilità familiare su un minore.

Il diritto di visita44 si sostanzia nella possibilità di condurre il minore in un luogo diverso dalla sua residenza abituale per un periodo limitato di tempo (art. 2, n. 10), mentre per affidamento si intendono i diritti e doveri concernenti la cura della persona di un minore ed in particolare il diritto di intervenire nella decisione riguardo al suo luogo di residenza, nonché ad essere consultati prima della modifica della residenza abituale del minore (art. 2, n. 9).

Dal punto di vista processuale, il regolamento si distingue principalmente per l’ampliamento del proprio ambito di applicazione a tutte le decisioni in materia di responsabilità genitoriale, incluse le misure di protezione del minore. A differenza del Reg. Bruxelles II, non è più necessario alcun nesso con un procedimento matrimoniale45, talché la normativa (art. 1, lett. b) disciplina, l’attribuzione, l’esercizio, la delega, la revoca totale o parziale della responsabilità genitoriale46, indipendentemente dalla previa instaurazione di un procedimento in materia di divorzio, separazione personale o annullamento del matrimonio. A ciò si aggiunga che non sono più i soli genitori (sposati), nei riguardi dei figli comuni, a giovarsi del nuovo regime ma, più in generale, chiunque sia titolare della responsabilità genitoriale47.

Al fine di individuare l’autorità giurisdizionale competente in tema di responsabilità genitoriale il legislatore comunitario ha dettato un complesso di norme48 che individuano la competenza ora in base al luogo di residenza abituale del minore (art. 8)49 al momento di presentazione della domanda, ora sulla base del luogo in cui il minore precedentemente risiedeva (art. 9)50, ora facendo riferimento alle autorità competenti a decidere sulle domande di divorzio, separazione dei coniugi o annullamento del matrimonio (art 12 par. 1)51, ora sulla base dello Stato con il quale il minore ha un legame sostanziale (art. 12 par. 3)52, ora facendo riferimento al luogo in cui il minore si trova (art. 13)53, infine rimettendosi alla legge dello Stato nazionale (art 14)54. Degna di nota è la disposizione finale che consente all’autorità competente, la possibilità, nell’interesse superiore del minore, di suggerire la trattazione della controversia da parte dell’autorità di un altro Stato membro con il quale il minore abbia un legame particolare (art. 15). Si introducono, così, un’ipotesi eccezionale di forum non conveniens55 e specifiche condizioni per consentire la traslatio iudicii56.

In tema di sottrazione di minori57, ove il trasferimento (o il mancato rientro)58 del minore sia illecito59, la competenza giurisdizionale è del giudice della residenza abituale del minore immediatamente prima della sottrazione (art. 10)60. La ratio della norma è rinvenibile nella volontà di scongiurare il rischio che, nel caso di figli minori contesi dai genitori, un genitore li allontani illecitamente, conducendoli in un altro Stato membro, allo scopo di ottenere l’affidamento. Il giudice competente può, pertanto, emanare una decisione (esecutiva, sul ritorno del minore) che prevale sull’eventuale decisione di non ritorno, pronunciata dal giudice del luogo ove si trova il minore dopo la sottrazione illecita. Quest’ultima autorità potrà soltanto adottare un provvedimento provvisorio contro il ritorno del minore, a cui, a sua volta, potrà succedere una decisone sull’affidamento emessa nello Stato membro in cui il minore risiede abitualmente.

Prendiamo, infine, in esame gli aspetti più significativi in tema di riconoscimento ed esecuzione delle decisioni in materia di responsabilità genitoriale.

Il regolamento ribadisce61 la regola dell’immediato ed automatico riconoscimento, all’interno degli altri Stati membri, delle decisioni rese dall’autorità di uno Stato membro, senza necessità di ricorrere ad alcun procedimento (art. 21) e senza possibilità di riesaminare né la competenza giurisdizionale del giudice che ha pronunciato la decisione (art. 24), né il merito della stessa (art. 26). Si tratta di una regola ispirata dal principio della fiducia reciproca tra gli stati membri, talché i motivi di non riconoscimento vengono limitati al minimo indispensabile (art. 23, vedi supra sub nota 4). Alle decisioni, si ricorda, sono parificati gli atti pubblici e gli accordi tra le parti aventi efficacia esecutiva (considerando n. 22).

Con riferimento, invece, all’esecuzione62 bisogna distinguere tra le decisioni in materia di responsabilità genitoriale, regolate dagli artt. da 28 a 37 e quelle in materia di diritto di visita e ritorno del minore, regolate dalla sez. 4 del regolamento.

Le prime possono essere eseguite in un altro Stato membro, purché – esecutive nello stato membro d’origine – siano state dichiarate esecutive63, su istanza della parte interessata, nello Stato membro richiesto64 e siano state notificate alla parte tenuta a dare loro esecuzione.

Il giudice decide sull’istanza senza indugio, inaudita altera parte; il soggetto contro il quale è richiesta l’esecuzione ed il minore non possono, infatti, presentare osservazioni (art. 31). L’istanza può essere respinta solo per gli stessi tassativi motivi per i quali può essere negato il riconoscimento. In ogni caso non si può procedere al riesame della competenza giurisdizionale del giudice dello Stato membro d’origine; il criterio dell’ordine pubblico non può trovare applicazione con riferimento a criteri di giurisdizione indicati nel regolamento e la decisone non può mai essere riesaminata nel merito. Le opposizioni sono regolate dagli artt. 33 ss., in una seconda fase (eventuale ed a contraddittorio pieno), che può essere introdotta sia da colui che ha presentato l’istanza che dalla parte contro cui è fatta valere l’esecuzione65.

Passando in rassegna il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia di diritto di visita e sul ritorno del minore, va, invece, sottolineato che l’innovazione più significativa è rappresentata dall’eliminazione del procedimento di exequatur66. La sua applicazione, rimessa alle legislazioni interne dalla Convenzione dell’Aja del 1980, ha spesso costituito un significativo ostacolo al conseguimento degli scopi che quest’ultima si prefiggeva.

In particolare (artt. 41/42)67, la decisione esecutiva68 emessa in uno Stato membro, con la quale viene conferito il diritto di visita o viene ordinato il ritorno di un minore, è riconosciuta ed è eseguibile in un altro Stato membro in forza della semplice certificazione69 dello Stato membro d’origine (sulla base del modello standard di cui agli allegati III e IV al Regolamento)70. Non è, pertanto, richiesta alcuna procedura di exequatur neppure nel caso in cui la disciplina dello Stato in cui deve essere attuata non preveda l’esecutività di diritto. Le decisioni così certificate sono equiparate, ai fini dell’esecuzione, ai provvedimenti pronunciati nello Stato dell’esecuzione71. Il certificato viene rilasciato d’ufficio (art. 41 par. 3), quando la pronuncia riguarda un caso che riveste, sin dall’atto della pronuncia, carattere transfrontaliero mentre, se lo diventa solo successivamente, il rilascio avviene su richiesta di una delle parti. Va ricordato, infine, che tale procedimento agevolato si applica indipendentemente dal fatto che ne sia beneficiario il genitore non affidatario o un altro membro della famiglia, quale ad esempio un nonno o una terza persona.

E’ contemplata, inoltre, la possibilità, per l’autorità giurisdizionale dello Stato in cui deve essere eseguito il procedimento di stabilire modalità pratiche volte ad organizzare l’esercizio del diritto di visita. Ciò accade quando quelle previste nella decisione da attuare siano insufficientemente dettagliate e sino a che non sia pronunciata un’ulteriore decisione da parte dell’autorità dello Stato competente. I certificati non sono soggetti ad alcuna impugnazione (art. 43 par. 1)72, ma perdono efficacia se la decisione viene modificata o annullata nello Stato d’origine.

Come si è potuto agevolmente riscontrare, tutte le convenzioni internazionali si rifanno al principio cardine del superiore interesse del minore e non prevedono limitazioni o divieti all’affidamento dei figli ai genitori residenti all’estero o che hanno intenzione di trasferirsi all’estero. Queste ultime circostanze comportano soltanto una più attenta valutazione del caso in esame73. In particolare, la Convenzione di New York sui Diritti del Fanciullo del 20 novembre198974 riconosce al minore il diritto a mantenere con entrambi i genitori, benché residenti in stati diversi, regolari rapporti personali e contatti diretti (artt. 9 e 10). Per rendere effettivi tali diritti, la Convenzione dell’Aja del 1996, prevede (art. 35) che le autorità di uno Stato contraente possano chiedere a quelle di un altro Stato l’assistenza al fine di garantire il diritto di visita e, comunque, la possibilità di mantenere rapporti personali e contatti diretti con il minore.

NORME DI RIFERIMENTO:
artt. 9, 21, 23, 28, 41 del Regolamento n. 2201/2003

Il testo integrale della nota a Cass. 27188/2006 è pubblicato su Famiglia, Persone e Successioni, 2007, fasc. 11, pagg. 888-899.

Autore: Francesco Tedioli

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