Recesso dal contratto preliminare di compravendita: profili sostanziali e processuali

Caparra confirmatoria e litisconsorzio necessario


A) Il giudizio di accertamento dell’avvenuto recesso da un contratto preliminare con pluralità di promittenti venditori si deve svolgere nel contraddittorio di tutte le parti
Il principio di diritto sia applica anche ove venga esercitata un’azione volta ad ottenere lo scioglimento di un contratto preliminare per inadempimento dei promittenti venditori e ove (anche solo) una parte abbia chiesto che le altre siano condannate al pagamento del doppio della caparra.
B) Nella domanda di pagamento del doppio della caparra è implicita la domanda di recesso.
La Suprema Corte prende in esame l’istituto del recesso del contraente non inadempiente, che viene qualificato come uno speciale strumento risolutivo. Ne chiarisce l’ambito applicativo, le condizioni e gli effetti sul contratto del quale si chiede l’estinzione. Si offre, così, uno spunto per confrontare l’istituto di cui all’art. 1385 c.c. con quello generale di cui all’art. 1452 c.c e per evidenziare le differenze che ricorrono in tema di risarcimento dei danni.

Cassazione civile, sezione III, 11 ottobre 2005, n. 19757

1. Il caso

Sette comproprietari, ciascuno per la propria quota, promettono di vendere un bene immobile, stabilendo, a carico del promittente acquirente il versamento, in più trances, di una caparra confirmatoria pari al 37% del prezzo. Il contratto definitivo non viene stipulato nel termine pattuito per incompletezza del certificato di destinazione urbanistica. Poiché il promittente acquirente rifiuta di versare l’ultima rata della caparra, i promittenti venditori si avvalgono della clausola risolutiva espressa contemplata nel preliminare. Il promittente acquirente reagisce convenendo in giudizio tutti i comproprietari, ma notifica la citazione solamente a cinque di loro, concludendo perché siano condannati al pagamento del doppio della caparra o, in via subordinata, alla restituzione di quanto versato.

Il Tribunale ordina l’integrazione del contraddittorio nei confronti dei due comproprietari pretermessi, ma nessuna delle parti provvede nel termine fissato. Il giudice adito, conseguentemente, con sentenza, dichiara l’estinzione del processo.

Di tutt’altro avviso si mostra la Corte d’Appello di Ancona la quale, dopo aver revocato l’ordinanza di integrazione del contraddittorio per assenza del litisconsorzio necessario e dichiarato la nullità della sentenza nella parte in cui ha pronunciato l’estinzione del giudizio, accerta l’inadempimento dei convenuti, il diritto dell’attore all’esercizio del recesso e condanna gli appellanti (principali) al pagamento, in solido, del doppio della caparra.

I soccombenti ricorrono in Cassazione formulando numerosi motivi di gravame (alcuni dei quali ictu oculi fondati1), che neppure vengono esaminati in quanto considerati assorbiti nel primo motivo accolto, ad essi pregiudiziale. La Suprema Corte riscontra, in sostanza, l’assoluta erroneità della sentenza impugnata laddove malamente nega la necessità del litisconsorzio necessario e così argomenta: dal punto di vista sostanziale, la vendita di unico bene immobile, da parte di una pluralità di promittenti venditori, crea un rapporto giuridico inscindibile ed a loro comune che li obbliga ad adempiere reciproche ma indivisibili prestazioni. Laddove, dunque, venga esercitata un’azione costitutiva volta ad ottenere lo scioglimento del contratto o, anche, di accertamento del diritto del promittente acquirente al recesso per inadempimento dei promittenti venditori, è fuori discussione che il processo si debba svolgere nel contraddittorio di tutti i singoli promittenti venditori.

La manifesta erroneità della sentenza gravata consiste, dunque, nell’aver interpretato la domanda attorea come una semplice domanda di condanna alla restituzione di somme da parte di obbligati solidali, che, come tale, non necessita del litisconsorzio necessario. L’attore, invece, ha esercitato il recesso dal contratto preliminare di vendita, ha allegato l’inadempimento della controparte e chiesto, ai sensi dell’art. 1385 comma II c.c., la restituzione del doppio della caparra versata. Proprio in quest’ultima domanda, chiarisce la Corte, è già implicita, quella di recesso, cosicché, fin quando resta ferma la prima, permane inevitabilmente anche la seconda.

L’accertamento del diritto del promittente acquirente al recesso, per inadempimento dei promittenti venditori, deve svolgersi nel contraddittorio di tutte le parti sostanziali

Il recesso del contraente non inadempiente viene qualificato come uno speciale strumento risolutivo, non dissimile dall’azione generale disciplinata dagli artt. 1453 e segg. c.c., che, pertanto, produce l’estinzione del contratto. La Suprema Corte ritiene indispensabile questa premessa per verificare se ricorrano i presupposti di cui all’art. 102 c.p.c. Infatti, il litisconsorzio necessario non ricorre solo nei casi espressamente previsti dalla legge, ma anche quando la situazione sostanziale plurisoggettiva dedotta in giudizio debba essere necessariamente decisa in maniera unitaria nei confronti di ogni soggetto che ne sia partecipe, onde non privare la decisione dell’utilità connessa all’esperimento dell’azione proposta.

Ciò vale indipendentemente dalla natura del provvedimento richiesto, sia esso una sentenza costitutiva, di condanna o meramente dichiarativa2. Nel caso di specie, la promessa di vendita di un bene in comunione e considerato dalle parti come un unicum inscindibile dà luogo ad un’obbligazione indivisibile, con conseguente litisconsorzio necessario, attesa l’impossibilità giuridica che una qualsiasi modificazione del rapporto intervenga nei confronti soltanto di talune delle parti e non di tutte3.

Osserva la Cassazione che i giudici di secondo grado, prima di pronunciare la condanna di pagamento, hanno accertato l’inadempimento dei promittenti venditori (per aver fornito un certificato di destinazione urbanistica incompleto) ed il legittimo esercizio, da parte dell’attore, del diritto di recesso dal contratto preliminare con conseguente obbligo di restituzione del doppio della caparra da parte dei convenuti. La pronuncia che ha riconosciuto sciolto, per effetto del recesso, il contratto plurilaterale doveva essere resa nei confronti di tutte le parti del rapporto contrattuale, per non essere inutiliter data. Ne consegue, pertanto, che la mancata partecipazione al giudizio dei due promittenti venditori impedisce l’esame del merito; basta, di per sé, a caducare la sentenza impugnata, siccome emessa su un presupposto erroneo e, per la sua assoluta pregiudizialità, assorbe tutti gli altri motivi, sostanziali e processuali, di cassazione. La sentenza d’appello viene, quindi, cassata col rinvio al giudice di pari grado il quale, a parere dello scrivente, non potrà prescindere dalla già pronunciata dichiarazione di estinzione del processo e, conseguentemente non potrà addebitare ad una delle parti l’inadempimento o, tantomeno, valutare l’importanza concreta di quest’ultimo, ai sensi dell’art. 1452 c.c.

2. La caparra confirmatoria

L’art. 1385 c.c., ipotizzando tutte le possibili evoluzioni del rapporto contrattuale, dall’adempimento sino alla sua fase patologica, disciplina l’istituto della caparra confirmatoria4.

Secondo la dottrina maggioritaria, la caparra confirmatoria, al pari di quella penitenziale5, ha la struttura di patto contrattuale6 a carattere reale7 ed una funzione complessa8 che racchiude in sé diverse finalità di:

  1. prova dell’avvenuta conclusione del contratto principale9;
  2. anticipata parziale esecuzione della prestazione convenuta10;
  3. rafforzamento del vincolo contrattuale, mediante la tutela preventiva del credito11 e la coazione indiretta del debitore12;
  4. liquidazione preventiva e convenzionale del danno conseguente all’inadempimento di una obbligazione13, qualora la parte non inadempiente abbia esercitato il potere di recesso14, o di
  5. garanzia del conseguimento del risarcimento dei danni15 nell’ipotesi in cui la stessa parte abbia preferito domandare la risoluzione o l’adempimento del contratto16.
Struttura e funzioni della caparra confirmatoria

In caso di adempimento, dunque, la caparra deve essere restituita o imputata alla prestazione dovuta; in caso contrario, invece, funge da ristoro patrimoniale per la parte che eserciti il recesso.

Il tenore letterale dell’art. 1385 consente, infine, di cogliere ulteriori elementi utili all’inquadramento giuridico dell’istituto: essa deve avere per oggetto una somma di danaro o una quantità di altre cose fungibili17; la sua consegna non ne determina il passaggio di proprietà18 e può avvenire sia prima che dopo la stipulazione del negozio principale19.

compravendita immobiliare

3. Risoluzione del contratto e recesso: due figure affini

In caso di inadempimento di una delle parti, la parte incolpevole è libera di scegliere se:

  1. recedere dal contratto, ai sensi dell’art 1385, comma II, c.c.;
  2. richiederne, in sede giudiziale, l’esecuzione ovvero
  3. la risoluzione, salvo, comunque, negli ultimi due casi, il risarcimento dei danni20.

Qualora la parte opti per il recesso, in caso di inadempimento del tradens,l’accipiens ha diritto di ritenere la caparra ricevuta, mentre in caso di inadempimento dell’accipiens, il tradens ha diritto di ricevere in restituzione il doppio della caparra data.

La giurisprudenza chiarisce che il recesso rappresenta una particolare figura di risoluzione21 per inadempimento, di natura legale che, pertanto, non va ricondotta all’ipotesi convenzionale di cui agli artt. 1373 e 1386 c.c., bensì all’istituto disciplinato dagli artt. 1453 ss c.c.22, con il quale ha affinità sostanziale e teleologica. Esso postula i medesimi presupposti dell’istituto generale, vale a dire l’imputabilità e l’importanza non scarsa dell’inadempimento stesso23, avuto riguardo all’interesse del creditore. Comporta, in assenza di contestazioni del contraente asserito inadempiente, l’effetto risolutivo e non è subordinato né all’adesione del contraente inadempiente24, né ad alcun termine essenziale o diffida ad adempiere25.

Il recesso è una particolare figura di risoluzione che può essere domandata anche in appello

L’esercizio del diritto di recesso avviene a mezzo di un normale atto recettizio, senza particolari crismi formali, tanto che la volontà di recedere può risultare anche in forma tacita (in tale filone giurisprudenziale si colloca la sentenza in commento, la quale ritiene che la dichiarazione con cui si esercita il recesso sia implicitamente contenuta nella domanda di condanna alla restituzione del doppio della caparra)26.La scelta del recesso è irrevocabile, diversamente da quella dell’adempimento che può essere revocata sia nel senso del recesso che in quella della risoluzione27.

Va ricordato, inoltre, che laddove il contraente fedele abbia domandato la risoluzione (giudiziale) del contratto, non potrà più richiedere l’adempimento. Potrà, invece, mutare la propria domanda in recesso o, comunque, esigere ed ottenere il pagamento del doppio della caparra versata28 in quanto tale somma costituisce il danno minimo risarcibile al di sotto del quale non sarebbe consentito scendere29. Il recesso offre il vantaggio di non dover fornire la prova dell’eventuale danno30 e di ottenere una spedita liquidazione, ma, nel contempo, comporta lo svantaggio di non poter assicurare un risarcimento integrale (se superiore alla caparra versata).

La giurisprudenza più recente, infine esclude, per la parte che domanda l’esecuzione del contratto o la sua risoluzione per inadempimento, la possibilità di trattenere la caparra ricevuta, a titolo di preventivo risarcimento del danno31. Con un’apparente contraddizione32, invece, autorizza il soggetto non inadempiente, convenuto in giudizio per la restituzione della caparra, a ritenerla soltanto eccependo l’inadempimento dell’altra parte, senza necessità di formulare apposita domanda ovvero di chiedere in via riconvenzionale il risarcimento dei danni33.

4. Recesso dal contratto preliminare di vendita e litisconsorzio necessario dei promittenti venditori

Prendiamo, in esame, per ultima – in quanto meno controversa – la questione affrontata in via pregiudiziale dalla Corte: se ricorra o meno il litisconsorzio necessario qualora il promissario acquirente chieda l’accertamento del proprio diritto di recedere dal contratto stipulato con una pluralità di promittenti venditori ed avente per oggetto un bene in comunione indivisa.

Con il termine litisconsorzio, o comunanza della lite, si intende il fenomeno giuridico per il quale le parti sono più di quelle (due) indispensabili perché il processo si possa svolgere. Il litisconsorzio è necessario34 quando, a norma dell’art. 102, comma I, c.p.c., la decisione non possa pronunciarsi che in confronto di più parti e, pertanto, queste debbano agire o essere convenute nello stesso processo35. Correttamente, la dottrina36 qualifica la norma “in bianco” in quanto omette di precisare in quali ipotesi operi. Si tratta di una lacuna alquanto grave specialmente per le rilevanti conseguenze che maturano nel caso il processo si svolga inter pauciores.

copertina obbligazioni e contratti 1

Se è pur vero che alcuni casi sono espressamente previsti dalla legge37, altri devono essere necessariamente individuati dall’interprete che, per assolvere a questo compito, si deve chiedere a quali finalità risponda la necessità del litisconsorzio.

Secondo un primo orientamento, che potremmo definire classico38, il fondamento del litisconsorzio necessario sarebbe da cogliere nell’esistenza (o, meglio, nella deduzione39) di …situazioni sostanziali con pluralità di soggetti. In queste ipotesi, sulla base dei criteri di legitimatio ad causam la legittimazione spetterebbe solo a tutti insieme o contro tutti insieme i soggetti partecipi del rapporto, di conseguenza il giudice non potrebbe pronunciare nel merito ove la domanda non sia proposta da o contro tutti; l’unitarietà del rapporto sostanziale comporterebbe, inoltre, da un lato la unitarietà del procedimento e del provvedimento giurisdizionale, dall’altro l’impossibilità giuridica di pronunciare separatamente sulla domanda proposta da o contro uno dei soggetti partecipi del rapporto, poiché il provvedimento giurisdizionale, essendo necessariamente unitario, o ha efficacia per tutti tali soggetti, o non può avere efficacia per alcuno di essi40. Peraltro, il litisconsorzio non sarebbe mai necessario in presenza di un’azione di accertamento o di condanna41, essendo concepibile solo nel campo dei diritti potestativi e più particolarmente di quelli che tendono a una sentenza costitutiva42.

A questa teoria se ne contrappone una seconda43 che, partendo dal postulato secondo il quale il nostro ordinamento non conosce la categoria del rapporto giuridico unico con pluralità di parti ma esclusivamente rapporti giuridici bilaterali, sostiene che la necessità del litisconsorzio discende da mere esigenze di convenienza e opportunità pratica44.

Nel dibattito dottrinale si è inserita la tesi di un illustre autore45 che ha individuato la ratio dell’istituto nell’esigenza di fornire alle parti già presenti in causa non un qualsivoglia provvedimento di merito, ma una sentenza utile e cioè idonea a regolare compiutamente il rapporto giuridico controverso46.

Secondo altra dottrina47, infine, in ipotesi di deduzione in giudizio di un rapporto plurisoggettivo si ha litisconsorzio necessario – indipendentemente dalla natura dell’azione(costitutiva, di condanna o di accertamento mero) – sempre e solo che non sia possibile applicare la disciplina dell’art. 1306 c.c.48 Peraltro, la più recente giurisprudenza sembra sintetizzare le diverse posizioni dottrinali riscontrando che il litisconsorzio necessario ricorre, oltre che nei casi espressamente previsti dalla legge, quando la situazione sostanziale plurisoggettiva dedotta in giudizio debba essere necessariamente decisa in maniera unitaria nei confronti di ogni soggetto che ne sia partecipe, onde non privare la decisione dell’utilità connessa all’esperimento dell’azione proposta, indipendentemente dalla natura del provvedimento richiesto, non essendo di per sé solo rilevante il fatto che la parte istante abbia richiesto un sentenza costitutiva, di condanna o meramente dichiarativa49.

Qualunque teoria si voglia abbracciare, dottrina e giurisprudenza paiono comunque concordi nel ritenere necessario il litisconsorzio:

  1. nelle azioni di diritto reale contro la comunione o, meglio, contro la situazione di diritto reale in contitolarità tra più persone50;
  2. n generale, nelle azioni di nullità contrattuale, simulazione51, accertamento dell’avvenuta risoluzione stragiudiziale per inadempimento, impugnativa o esecuzione del preliminare inadempiuto52;
  3. in materia di rapporti obbligatori plurisoggettivi a parte collettiva5320, nelle azioni dirette all’impugnativa di rapporti giuridici aventi ad oggetto effetti reali, e cioè il trasferimento, la costituzione, l’estinzione di situazioni giuridiche di diritto reale54. Infatti, non è possibile che il rapporto giuridico sia rimosso parzialmente, in quanto la caducazione parziale renderebbe impossibile il soddisfacimento degli interessi contrattuali55.
Le azioni giudiziali volte alla modificazione di un rapporto giuridico plurisoggettivo, avente per oggetto un diritto reale, richiedono il litisconsorzio necessario

In applicazione di questi principi, la Corte, dopo aver chiarito chela promessa di vendita di un bene in comunione da parte dei comunisti dà luogo ad un’obbligazione indivisibile56 a loro carico ed il relativo contratto non può subire modificazioni se non in confronto di tutti, ha ribadito che l’azione con la quale il promissario acquirente chieda l’accertamento del proprio diritto di recedere dal contratto deve svolgersi nel contraddittorio di tutti i comunisti promissari venditori. Infatti, detto accertamento determina l’estinzione del rapporto contrattuale, che è concepibile soltanto nei riguardi di tutti detti soggetti. Il giudizio non può che essere soggetto alla regola di litisconsorzio necessario.

NORMATIVA DI RIFERIMENTO:
artt. 1373, 1385, 1386, 1452, 1453 c.c.
artt. 102 c.p.c.
D.Lgs. 20-6-2005 n. 122 – Disposizioni per la tutela dei diritti patrimoniali degli acquirenti di immobili da costruire, a norma della L. 2 agosto 2004, n. 210
D.Lgs. 6-9-2005 n. 206 – Codice del consumo, disposizioni relative a singoli contratti (artt. 69-81 bis)

Il testo integrale della nota a Cass. 19757/2005 è pubblicato su Obbligazioni e contratti, 2006, fasc. 11, pagg. 913-921

Autore: Francesco Tedioli

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