Ordinanza di assegnazione del credito
Secondo un recente orientamento giurisprudenziale di legittimità, avverso l’ordinanza di assegnazione dei crediti di cui all’art. 553 c.p.c può essere esperita l’opposizione agli atti esecutivi quando si tratta di far valere vizi che si riferiscono ai singoli atti del processo o al provvedimento stesso ovvero l’appello quando l’ordinanza assuma il carattere sostanziale di sentenza, decidendo questioni che integrano l’oggetto tipico di un procedimento di cognizione1 . In questa seconda ipotesi, il provvedimento deve incidere su posizioni sostanziali del creditore o del debitore2.
Si tratta di un principio generale in linea con un orientamento che, volto ad escludere il rimedio del ricorso straordinario ex art. 111 Cost., aveva già previsto tale alternatività dei mezzi d’impugnazione in via di mero obiter dictum3.
Si è così composto un conflitto tra la posizione giurisprudenziale, nel passato prevalente4 che, con il sostegno della dottrina più accreditata5, riteneva esperibile unicamente il ricorso ex art. 617 c.p.c. e quella, molto risalente, di segno contrario6 che propendeva per la sola appellabilità. L’una negava all’ordinanza una natura decisoria, seppur implicita; l’altra le riconosceva, invece, effetti sostanziali e definitivi.
Alla luce del nuovo orientamento deve essere esperita l’opposizione agli atti esecutivi nel caso di: dichiarazione del terzo pignorato inficiata da errore7; contestazione sull’entità del credito, sulla sua decorrenza, sulla misura della percentuale riconosciuta, sui criteri informatori dell’assegnazione8; censura di un intervenuto volta ad impugnare la declaratoria di inammissibilità dell’intervento o di tempestivo intervento altrui.
L’ordinanza va appellata (privilegiando l’aspetto sostanziale rispetto alla veste formale) quando decide, implicitamente o esplicitamente, contestazioni sull’esistenza del credito9, sulla sua impignorabilità10 o, più in generale, esamina una questione che avrebbe dovuto essere oggetto di opposizione ex art. 615 c.p.c.11.
Non può essere, invece, assoggettata a ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 111, comma VII, Cost. 12 perché tale mezzo di gravame implica l’esistenza di un provvedimento decisorio, definitivo ed irretrattabile13 contro il quale non deve essere previsto alcun specifico mezzo d’impugnazione14. L’unica eccezione va ravvisata nell’ipotesi in cui l’ordinanza decida implicitamente un’opposizione agli atti esecutivi15.
Può essere, d’altro canto, modificata o revocata su istanza del debitore sempre che non sia già stato dato inizio alla sua esecuzione16. Non va taciuto un orientamento di segno opposto17 che ne esclude la reclamabilità e revocabilità, ai sensi dell’art. 487, comma I, c.p.c., poiché la ritiene idonea a produrre immediatamente ed automaticamente tutti i suoi effetti18.
Il provvedimento non può essere revocato, invece, su istanza del terzo assegnato che, non essendo parte nel processo esecutivo, difetta di legittimazione19 salvo il caso20 in cui il giudice dell’esecuzione abbia emesso l’ordinanza in mancanza di una sua dichiarazione positiva. Potrà sempre ricorrere all’opposizione ex art. 617 c.p.c. ovvero ex art. 615 c.p.c. in caso di accertamento del credito relativo ad un precedente pignoramento21.
Avverso l’ordinanza è, infine, possibile esperire il regolamento di competenza22 quando il giudice dell’esecuzione, anche implicitamente, abbia delibato questioni di competenza23.
NORMATIVA DI RIFERIMENTO:
art. 617 c.p.c.
art. 553 c.p.c
Il testo integrale della questione è pubblicato su Studium Iuris, 2004, fasc. 6, pagg. 788-789.
Autore: Francesco Tedioli
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