La nuova disciplina dell’arbitrato

Breve introduzione alla riforma dell’arbitrato


1. Introduzione

Il d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 401 ridisegna completamente la disciplina dell’arbitrato, intervenendo sul codice di procedura civile con l’introduzione di 14 nuovi articoli e con la profonda rivisitazione di quelli superstiti. Le innovazioni introdotte sono talmente numerose e di così ampia portata che ci si limiterà esclusivamente ad epigrafici cenni in ordine alle novità più rilevanti.

2. La natura giurisdizionale dell’arbitrato

Il punto centrale della riforma va individuato nella scelta di ricondurre il fenomeno arbitrale rituale nell’alveo giurisdizionale2, talché esso acquista ulteriori caratteri del giudizio ordinario. Ne sono chiari indizi: il nuovo art. 824 bis, secondo cui il lodo ha efficacia “di una sentenza pronunciata dall’autorità giudiziaria3; l’art. 813 ter, comma II, che, per l’individuazione delle limitazioni alla responsabilità degli arbitri, rimanda alla legge che regola la responsabilità civile dei magistrati e la nuova disciplina della sospensione4. In questo contesto, non va parimenti dimenticato il disposto degli artt. 816 quinquies, comma III, che sancisce l’applicabilità dell’art. 111; 824, comma II, che conferisce agli arbitri il potere di inviare alle parti copie del lodo conformi all’originale; 819 ter che, malgrado disponga l’inapplicabilità, nei rapporti tra arbitrato e processo ordinario, sia della translatio iudicii che del regolamento di ufficio e dell’art. 295, risolve in termini di competenza la questione dei rapporti tra giudici ed arbitri5.

In senso contrario, e cioè di una non completa giurisdizionalizzazione dell’arbitrato rituale, va ricordato che gli arbitri si distinguono (ancora) dai giudici ordinari, perché non hanno la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di un pubblico servizio6 (813, comma II) e perché non possono pronunciare provvedimenti cautelari7 o disporre sequestri.

3. L’arbitrato libero

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Altrettanto importante è la collocazione dell’arbitrato libero, per la prima volta, nel sistema del codice di rito. L’art. 808 ter che rende superata una pluriennale giurisprudenza di merito e legittimità, realizza, inoltre, una rivoluzione copernicana8,affermando il principio “in dubio pro arbitrato rituale”9. Anche dopo la novella, l’arbitrato libero mantiene la propria natura contrattuale10, pur se viene regolato, alla stregua di un vero e proprio procedimento, da alcune disposizioni eminentemente processuali. Mi riferisco, ad esempio, al rispetto del principio del contraddittorio e alla possibilità di sindacare la decisione pronunciata degli arbitri, in via di azione o di eccezione, per vizi del procedimento.

Le parti possono, inoltre, fruire della tutela cautelare, ma non possono beneficiare della disciplina dell’art. 825 (che, nell’arbitrato rituale, regola il deposito del lodo e la dichiarazione di esecutorietà)11. Va, infine, chiarito che i motivi di impugnazione12 disciplinati dal comma II, si aggiungono, senza sostituirli, ai tradizionali motivi negoziali (cioè fondati sul diritto sostanziale) di annullamento del lodo13.

4. La convenzione di arbitrato

Il capo I del titolo VIII, viene rinominato “Della convenzione di arbitrato”, con un’espressione che ricomprende tanto la clausola compromissoria quanto il compromesso14. Il nuovo art. 806, abbandona il riferimento alle controversie che possono essere oggetto di transazione e stabilisce, quale unico e sufficiente presupposto dell’arbitrato la disponibilità del diritto oggetto dello stesso15, salvo espresso divieto di legge16. Dall’art. 807 scompare il comma III e, pertanto, non sono più richiesti poteri di straordinaria amministrazione per stipulare il compromesso17. Un’ulteriore apprezzabile novità è rappresentata dalla possibilità di deferire in arbitri (808 bis) le controversie extracontrattuali (anche) prima che esse insorgano18, impiegando lo strumento della convenzione di arbitrato in materia non contrattuale (un tertium genus che si affianca al compromesso ed alla clausola compromissoria)19. Nell’ottica di un evidente favor arbitrati, l’art. 808 quater prevede che, nel dubbio, la convenzione di arbitrato debba essere interpretata estensivamente20; l’art. 808 quinques stabilisce che la clausola compromissoria non è caducata se l’arbitrato si concluda senza una pronuncia sul merito; l’art. 830 prevede la reviviscenza dell’accordo arbitrale nell’eventualità che il giudizio d’impugnazione del lodo si limiti al momento rescindente, sempre che la nullità del lodo non dipenda proprio dall’invalidità o inefficacia del patto compromissorio; l’art. 817 bis attribuisce agli arbitri il potere di conoscere l’eccezione di compensazione, nei limiti del valore della domanda, anche se il controcredito non è compreso nell’ambito della convenzione di arbitrato.

5. La nomina degli arbitri

La norma di maggior rilievo riguarda l’arbitrato multiparti (816 quater)21 e prevede che l’instaurazione di un unico procedimento sia consentita se la clausola compromissoria devolve la nomina di tutti gli arbitri ad un terzo, ovvero se gli arbitri sono designati con il consenso di tutte le parti, o se le altre parti, dopo che la prima di esse ha indicato un arbitro o più arbitri, nominano d’accordo un ugual numero di arbitri o ne affidano ad un terzo la nomina.

Del tutto nuova è anche la disciplina della responsabilità degli arbitri (813 ter)22 che ora rispondono dei danni cagionati alle parti quando, con dolo o colpa grave23, abbiano omesso o ritardato atti dovuti e siano perciò stati dichiarati decaduti, ovvero abbiano rinunciato all’incarico senza giustificato motivo24, ovvero abbiano omesso o impedito la pronuncia del lodo nel termine fissato dagli artt. 820 o 826. Fuori da questi casi, gli arbitri rispondono, per dolo o colpa grave, nei limiti previsti dall’art. 2, L. 13 aprile 1988, n. 117, commi II e III.

Di indubbia rilevanza è, inoltre, il nuovo 815 che, abbandonando il riferimento all’art. 5125, individua le singole ipotesi di ricusazione, ritagliandole più specificamente sulla figura dell’arbitro26. Viene, infine, ammessa la possibilità di ricusare l’arbitro ad opera della parte che lo ha nominato, anche se solamente per i motivi conosciuti dopo la relativa nomina.

6. Il procedimento

Se le parti o gli arbitri non hanno stabilito la sede dell’arbitrato (816), essa è fissata nel luogo in cui è stata stipulata la convenzione di arbitrato e, se tale luogo non si trova in Italia, essa è a Roma. Il procedimento27 si può svolgere anche in luogo diverso da quello in cui l’arbitrato ha sede, salvo che le parti non abbiano disposto diversamente nella convenzione di arbitrato28.

L’istruzione probatoria (816 ter) è ridisegnata in modo molto più dettagliato. Gli arbitri, infatti, possono avvalersi di consulenti tecnici, chiedere informazioni scritte alla pubblica amministrazione e, soprattutto, se un testimone si rifiuta di presentarsi avanti il collegio, ricorrere all’autorità giudiziaria per ottenere che ne sia ordinata la comparizione. L’intera fase istruttoria, e non esclusivamente alcuni singoli atti, può essere delegata ad uno solo dei componenti il collegio. E’, invece, ancora precluso agli arbitri concedere provvedimenti cautelari.

L’art. 816 quinquies risolve il delicato problema dell’ammissibilità dell’intervento nel giudizio arbitrale prevedendo che, tanto quello volontario quanto la chiamata in arbitrato di un terzo, siano possibili unicamente qualora vi sia il consenso non solo delle parti e del terzo, ma anche degli arbitri29; sono, invece, sempre ammessi, l’intervento di cui all’art. 105, comma II (adesivo dipendente) e l’intervento del litisconsorte necessario pretermesso30.

Degno di particolare nota è anche l’art. 819 ter che offre una particolareggiata disciplina del rapporto tra il procedimento arbitrale e quello ordinario31. In estrema sintesi i rapporti tra arbitro e giudice sono regolati secondo il modello delle cd. vie parallele che si caratterizza per i seguenti elementi: non vi è la priorità di una via rispetto all’altra; la pendenza della controversia in una sede non impedisce la proposizione della domanda nell’altra (819 bis); il raccordo fra le due vie avviene attraverso le rispettive decisioni che debbono poter spiegare la loro efficacia nell’altra sede

7. Il lodo arbitrale

In assenza di diversa indicazione delle parti, il termine per pronunciare il lodo (820) è stato portato da 180 a 240 giorni. Si tratta di un’estensione ingiustificata sia perché contrasta con la necessaria rapidità che dovrebbe connotare ogni procedimento di alternative dispute resolution, sia perché il legislatore ha, nel contempo, ampliato la gamma delle ipotesi nelle quali il termine è prorogabile32 ed anche soggetto a sospensione33.

Mentre le conseguenze del decorso del termine e le modalità per farlo valere non subiscono modifiche, viene opportunamente inserito un nuovo secondo comma all’art. 821, per effetto del quale, qualora la parte faccia valere la decadenza degli arbitri, questi dichiarano estinto il procedimento, dopo aver verificato il decorso del termine. Il procedimento di deliberazione del lodo risulta semplificato poiché la conferenza personale degli arbitri, assurta nella giurisprudenza a principio di ordine pubblico, diviene con la novella l’eccezione35. Da un lato i motivi di impugnazione sono riscritti e razionalizzati36, consentendo, tra l’altro, l’impugnativa per nullità processuale solo se il vizio dell’atto è stato preventivamente sollevato (nel primo atto difensivo) durante il procedimento arbitrale (829, comma II). Dall’altro, prevede che il sindacato per errore di diritto, in precedenza di regola consentito, sia ammesso unicamente se è previsto dalle parti o disposto dalla legge, come nei casi contemplati dallo stesso art. 829, comma IV, in cui la violazione riguardi la soluzione di una questione pregiudiziale su materia non arbitrabile o si versi nell’ambito di una controversia di lavoro. Resta, ovviamente, sempre ferma la possibilità di impugnare il lodo per contrasto con l’ordine pubblico.

Anche il giudizio rescissorio viene emendato: mentre in precedenza la Corte d’Appello, dopo avere dichiarato nullo il lodo, decideva sempre nel merito, a meno che non vi fosse la volontà contraria di tutte le parti, con la riforma il principio generale sembra opposto. Ciò si evince indirettamente dal nuovo art. 830, comma II, sebbene le eccezioni ivi espressamente indicate37 siano talmente numerose da fare dubitare che il ritorno in capo agli arbitri della potestà di giudicare la controversia sia effettivamente la regola. Infine, su istanza di parte, anche successiva alla proposizione dell’impugnazione, così come avviene per l’inibitoria delle sentenze dei giudici di primo grado, la Corte d’Appello, quando ricorrano gravi motivi, può sospendere con ordinanza l’efficacia del lodo.

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9. L’arbitrato amministrato

In luogo dell’abrogato capo VI sull’arbitrato internazionale, il d.lgs. n. 40/2006 introduce un nuovo capo costituito da un’unica norma dedicata all’arbitrato amministrato38. Per quanto riguarda la formazione del collegio arbitrale, l’art. 832 stabilisce che le istituzioni possano intervenire solo su richiamo delle parti e che, in ogni caso, la convenzione di arbitrato prevalga sul regolamento prescelto39. Al fine di garantire il massimo grado d’imparzialità degli arbitri, il comma IV vieta tout court alle istituzioni associative e di categoria di nominare arbitri nelle controversie che contrappongono a terzi i propri associati o gli appartenenti alla categoria40. Se l’istituzione arbitrale si rifiuta, infine, di amministrare l’arbitrato, la clausola arbitrale mantiene efficacia ma si applicano le norme del codice di rito in luogo del regolamento arbitrale (comma VI).

10. Disciplina transitoria

Le disposizioni relative a compromesso e clausola compromissoria si applicano alle convenzioni stipulate dopo l’entrata in vigore delle nuove norme (a far data dal 2 marzo 2006), mentre tutte le restanti disposizioni trovano applicazione per i procedimenti arbitrali nei quali la domanda di arbitrato sia stata notificata dopo l’entrata in vigore del decreto.

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Il testo integrale del saggio è pubblicato su Studium Iuris, 2007, fasc. 2, pagg. 139-144.

Autore: Francesco Tedioli

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