Nel caso di acquisto in comunione tra coniugi ed anche qualora parte del contratto di compravendita sia stato un solo coniuge, il riscatto va necessariamente eserciatato nei riguardi di entrambi. In mancanca o in caso di irregolarità nell’esercizio del diritto, non si perfezionerà l’acquisto e, con lo scadere del termine annuale, ciò comporterà la decadenza totale dal riscatto.
GIURISPRUDENZA
Corte appello Palermo, sez. II , 15-02-2017, n. 265
Nel caso in cui l’acquirente sia coniugato in regime di comunione legale dei beni, il riscatto deve esercitarsi pure nei confronti del coniuge, che è ugualmente litisconsorte necessario anche quando non abbia partecipato al contratto di compravendita, ma abbia beneficiato dell’acquisto in comunione ai sensi dell’art. 177 c.c. lett. D.
Tribunale Ariano Irpino, 10-01-2013, n. 20
L’acquisto, da parte di uno dei coniugi in regime di comunione legale di un bene, successivamente oggetto di azione di riscatto da parte di un terzo, deve ritenersi ipso iure esteso, con efficacia ex “tunc”, anche all’altro coniuge, con conseguente determinazione di una situazione di titolarità, rispetto alla “res”, sulla quale andrà ad incidere l’esercizio del riscatto, così che la relativa domanda giudiziale non potrà dirsi legittimamente proposta se non nei confronti di entrambi i coniugi, secondo i principi del litisconsorzio necessario.
Cassazione civile, sez. VI, 30/12/2011, n. 30424
In tema di prelazione agraria il diritto di riscatto spettante all’affittuario di fondo agricolo è validamente esercitato anche se la relativa domanda sia stata tempestivamente proposta contro uno solo degli acquirenti, in quanto tale atto impedisce il consolidamento dell’acquisto anche nei confronti degli altri, con effetto ex tunc a condizione che la nullità della domanda derivante dalla mancata notificazione a tutti i litisconsorti sia sanata dall’integrazione del contraddittorio nei confronti delle parti inizialmente pretermesse.
Cassazione Civile, sez. III, 21-04-1998, n. 4032
Qualora contro l’acquirente di un fondo rustico e contro il coniuge di questi in regime di comunione dei beni siano state proposte due domande di riscatto a norma della legge 26 maggio 1965 n. 590, di identico contenuto, e i due distinti giudizi siano stati successivamente riuniti e decisi con un’unica sentenza, senza che nel corso del processo le parti convenute abbiano sollevate eccezioni di sorta o abbiano visto compresse in alcun modo le loro facoltà processuali, devono ritenersi realizzate, anche in considerazione della norma generalissima di cui all’art. 156 cod. proc. civ. le funzioni che la legge riconnette alle disposizioni sull’integrazione del contraddittorio, e deve quindi escludersi la necessità di rinnovazione del giudizio di merito.
Cassazione Civile, sez. Unite, 01-07-1997, n. 5895
L’acquisto, da parte di uno dei coniugi in regime di comunione legale, di un bene (nella specie, un fondo rustico) successivamente oggetto di una azione di riscatto da parte di un terzo (nella specie, il proprietario del fondo finitimo, coltivatore diretto), deve ritenersi “ipso iure” esteso, con efficacia “ex tunc”, anche all’altro coniuge, con conseguente determinazione di una situazione di titolarità, rispetto alla “res”, dal carattere unitario ed inscindibile, sulla quale andrà, per l’effetto, ad incidere l’esercizio del riscatto, così che la relativa domanda giudiziale non potrà dirsi legittimamente proposta se non nei confronti di entrambi i coniugi, secondo i principi propri del litisconsorzio necessario, senza che a tanto osti la natura (meramente dichiarativa) dell’azione di riscatto, astrattamente non incompatibile con l’istituto di cui all’art. 102 c.p.c., implicando il rapporto dedotto in giudizio una situazione sostanziale di tipo plurisoggettivo tanto sul piano genetico quanto su quello funzionale, il cui accertamento (la cui modificazione, la cui estinzione) non può operare che nei confronti di tutti i soggetti che ne partecipano.
Cassazione Civile, sez. III, 29-07-1995, n. 8341
Qualora l’acquirente di un immobile urbano adibito ad uso diverso da quello di abitazione si trovi in regime di comunione legale dei beni con il coniuge, il giudizio di riscatto iniziato dall’avente diritto alla prelazione ai sensi dell’art. 39 della legge 27 luglio 1978 n. 392 deve essere promosso nei confronti di entrambi, ancorché il coniuge sia rimasto estraneo al contratto stipulato dall’acquirente, posto che il coniuge, in forza dell’art. 177 cod. civ. ed in conformità della previsione contenuta nell’art. 1372 secondo comma cod. civ., assume “ope legis” la vesti di destinatario diretto dello stesso effetto traslativo verificatosi in favore del contraente, di modo che le situazioni giuridiche soggettive di entrambi i coniugi nell’ambito del rapporto giuridico originato dal contratto rivestono carattere di inscindibilità, essendo l’un coniuge divenuto, in forza dello stesso contratto, comproprietario del bene acquistato dall’altro.
Cassazione Civile, sez. III, 05-05-1990, n. 3741
Nel giudizio di riscatto, promosso dal conduttore di immobile destinato ad uso diverso da quello di abitazione, ai sensi dell’art. 39 della legge 27 luglio 1978 n. 392, nei confronti di colui che dall’atto di vendita risulti acquirente dell’immobile stesso, è litisconsorte necessario il coniuge del predetto acquirente, qualora tra i due coniugi sussista il regime di comunione legale, poiché gli acquisti compiuti da uno dei coniugi, anche separatamente, operano a vantaggio dell’altro, il quale diventa automaticamente proprietario del bene acquistato in ragione della metà; con la conseguenza che tutte le azioni di natura reale avente per oggetto il bene stesso – e quindi anche quelle di riscatto con le quali si tende ad ottenere una sentenza che riconosca il diritto di proprietà dello immobile in capo al conduttore, con effetti reali, validi “erga omnes”, ed in particolare nei confronti di tutti gli acquirenti dello stesso immobile – debbono essere proposte nei confronti di entrambi i coniugi, giacché, in mancanza, la sentenza, non potendo spiegare effetti nei confronti del coniuge che non abbia partecipato al giudizio, risulterebbe inutilmente pronunciata.
