La Suprema Corte, con ordinanza 22 gennaio 2020, n. 1392, stabilisce che il ricorso per cassazione proposto dall’ex (legale) rappresentante di società estinta è inammissibile, perché occorre una valida procura speciale per la sua proposizione.
Non opera, quindi, l’ultrattività di procure in precedenza rilasciate; neppure può esserne rilasciata una nuova, stante la necessità che il relativo conferimento provenga da un soggetto esistente e capace di stare in giudizio.

Chi, un tempo, era legale rappresentante della società dovrà essere condannato alle spese legali in proprio, in quanto, salvo che particolari condizioni o circostanze o elementi anche indiziari non lo richiedano, l’avvocato, che si limita ad autenticarne la sottoscrizione, non ha uno specifico dovere professionale di verificare costantemente la persistenza della qualità di legale rappresentante di chi gli conferisce il mandato.
Quest’ultimo ha, invece, l’onere di conoscere la cessata persistenza dei propri poteri e di renderne preventivamente ed adeguatamente edotto il suo difensore.
IL CASO
Il Tribunale di Vallo della Lucania rigettava la domanda di una dipendente, la quale assumeva di essere creditrice di una società a responsabilità limitata, per una somma di oltre Euro 17.000, a titolo di differenze retributive, straordinari ed indennità sostitutiva delle ferie non pagate.
La lavoratrice proponeva impugnazione dinanzi alla Corte di Appello di Salerno, che accoglieva parzialmente il gravame e condannava la società al pagamento della minor somma di Euro 5.467,00, in favore dell’appellante.
Contro quest’ultima sentenza, la “s.r.l. in liquidazione” proponeva ricorso per cassazione. La dipendente resisteva con controricorso, sostenendo l’inammissibilità del gravame per la mancanza della capacità di stare in giudizio della società ed invocando la carenza di potere rappresentativo in capo al liquidatore che aveva firmato la procura speciale ad litem. La società, infatti, si era estinta, per cancellazione dal Registro delle imprese già prima della firma del mandato difensivo.
SOLUZIONE
La Corte di cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, precisando che l’ex legale rappresentante della s.r.l. ricorrente si era attribuito una qualifica giuridicamente inesistente, venuta meno in conseguenza della cancellazione della società dal R.I.
La Suprema Corte ha, inoltre, statuito che quest’ultimo deve essere condannato alle spese di lite e che non esiste – in tale fattispecie – un obbligo del difensore, che ne autentica la sottoscrizione, di verificare costantemente la persistenza della qualità di legale rappresentante in capo al liquidatore. Il legale rappresentante ha, invece, l’onere di rendere edotto il procuratore di ogni evento che ha fatto venir meno i propri poteri1.
QUESTIONI
Per giurisprudenza ormai consolidata, in presenza di una società (di persone o di capitali) cancellata dal registro delle imprese e, conseguentemente, estinta, non vengono automaticamente meno i rapporti giuridici facenti capo alla medesima2.
Piuttosto, si verifica un fenomeno di tipo successorio, in virtù del quale:
- dal lato passivo, l’obbligazione della società non si estingue, così da non pregiudicare i diritti dei creditori sociali, ma si trasferisce ai soci, i quali ne rispondono, nel caso di società di capitali, nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o, nel caso di società di persone, illimitatamente.
- dal lato attivo, i diritti e i beni non compresi nel bilancio finale di liquidazione si trasferiscono ai soci, in regime di contitolarità o comunione indivisa, con esclusione delle mere pretese, ancorché azionate o azionabili in giudizio.
Per i crediti ancora incerti o illiquidi, si presume, invece, che la società vi abbia rinunciato, a favore di una più rapida conclusione del procedimento estintivo.
Qualora l’estinzione intervenga in pendenza di un giudizio, del quale la società è parte, si determina un evento interruttivo, disciplinato dagli artt. 299 e ss. c.p.c. L’eventuale prosecuzione o riassunzione va effettuata da parte o nei confronti dei medesimi, quali successori della società estinta, ai sensi dell’art. 110 c.p.c.
Ove l’evento non sia stato fatto constatare nei modi di legge o si sia verificato quando non era più possibile rilevarlo, l’impugnazione della sentenza pronunciata nei riguardi della società già estinta, deve provenire dai soci o essere indirizzata nei loro confronti, a pena d’inammissibilità.
Vi è, poi, la questione della c.d. ultrattività del mandato difensivo nei giudizi in cui sia parte la persona fisica. Ci si riferisce a quella giurisprudenza3, secondo cui il difensore della parte, ove munito di procura valida per gli ulteriori gradi del processo, è legittimato a proporre impugnazione in rappresentanza della parte estinta.
Nel caso di specie, invece, la controversia riguarda una persona giuridica e, in ogni caso, il principio enunciato non opera con riferimento al ricorso per cassazione, per il quale è richiesta la procura speciale. Questo atto necessita (per la sua peculiarità) di una procura speciale e va, quindi, effettuato dal socio-amministratore legale rappresentante pro tempore. In altri termini, non può essere invocata l’ultrattività del mandato che sia stato (per mera ipotesi) conferito al difensore per i precedenti gradi di giudizio.
La ratio è facilmente intuibile, e discende da una duplice esigenza: il soggetto che agisce deve esistere ed essere dotato della capacità di stare in giudizio; la procura conferita deve essere speciale – ossia ad hoc – per ricorrere dinanzi al giudice di nomofilachia, non essendo possibili altri equipollenti.
Conseguentemente, il liquidatore della società oramai definitivamente estinta4 non è legittimato a rilasciare alcuna procura speciale, giacché la cancellazione della società ha come effetto il venir meno del potere di rappresentanza degli organi della liquidazione5.
Il testo integrale della nota è pubblicato su Euroconference LEGAL, 31 marzo 2020.
Per l’esame di pronunce correlate, si veda la sezione dedicata.
Autore: Francesco Tedioli
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