La famiglia coltivatrice è un organismo collettivo formato dai familiari dei consorziati e finalizzato all’esercizio in comune dell’impresa agricola: si tratta, in sostanza, di una società semplice, soggetta alla regola dell’amministrazione disgiuntiva, con la conseguenza che, quando, per una qualsiasi ragione, sia mancata la designazione del rappresentante, ciascun membro ha il potere di rappresentare il gruppo nei confronti del concedente, il quale, a sua volta, può agire nei confronti di uno solo dei membri per la risoluzione del contratto.
GIURISPRUDENZA
Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 4 giugno – 4 ottobre 2013, n. 22732
L’impresa familiare coltivatrice è equiparabile alla forma più elementare di impresa collettiva, ossia la società semplice. Dal che discende come la quota del familiare consorziato, in caso di decesso, confluisce nel suo asse ereditario. Legittimati passivi rispetto al credito per gli utili sono quindi l’impresa familiare e gli altri familiari consorziati (che rispondono di tale obbligazione con i beni comuni), non già gli eredi del capofamiglia defunto.
Cassazione Civile, sez. III, 03-10-1996, n. 8655
Alla famiglia coltivatrice, equiparabile alla società semplice, si applica il principio dell’amministrazione disgiuntiva da parte di tutti i partecipanti, con la conseguenza che quando non vi sia stata la nomina del rappresentante, ai sensi dell’art. 48, l. 3 maggio 1982 n. 203, ciascuno dei suoi componenti può agire anche sul piano processuale in nome e per conto della famiglia nei confronti del concedente, con effetti per gli altri familiari ed il concedente può agire nei confronti di uno solo dei componenti per la risoluzione del contratto senza necessità, nell’uno come nell’altro caso, di integrazione del contraddittorio nei confronti dei componenti della famiglia rimasti estranei al giudizio.
Cassazione Civile, sez. III, 12-07-1996, n. 6328
Alla famiglia coltivatrice – equiparabile alla società semplice – si applica il principio dell’amministrazione disgiuntiva da parte di tutti i partecipanti, sicché ove non vi sia stata la nomina del rappresentante, ai sensi dell’art. 48, l. 3 maggio 1982 n. 203, ciascuno dei suoi componenti può agire od essere convenuto in giudizio senza necessità, nell’uno e nell’altro caso, di integrazione del contraddittorio nei confronti dei componenti la famiglia rimasti estranei.
Cassazione Civile, sez. III, 17-04-1996, n. 3626
La disciplina dell’impresa familiare di cui all’art. 230 bis cod. civ., si applica, in quanto compatibile, anche all’impresa familiare coltivatrice (art. 48 della legge 3 maggio 1982 n. 203) che è una specie del più ampio “genus” dell’impresa familiare.
L’art. 48 l. 3 maggio 1982 n. 203 considera la famiglia coltivatrice un organismo collettivo formato dai familiari dei consorziati e finalizzato all’esercizio in comune dell’impresa agricola riconducendone così la struttura alla figura dell’impresa collettiva nella sua forma più elementare della società semplice, soggetta alla regola dell’amministrazione disgiuntiva, con la conseguenza che, quando, per una qualsiasi ragione, sia mancata la designazione del rappresentante, ciascun membro ha il potere di rappresentare il gruppo nei confronti del concedente, il quale, a sua volta, può agire nei confronti di uno solo dei membri per la risoluzione del contratto.
Cassazione Civile, sez. III, 14-09-1995, n. 9693
In tema di contratti agrari, l’art. 48 della legge n. 203 del 1982 ha esteso alla famiglia coltivatrice alcuni fondamentali principi dettati dall’art. 230 bis c.c. per l’impresa familiare, attribuendo rilevanza esterna all’attività di collaborazione di ciascuno dei suoi componenti, i quali nel loro insieme costituiscono un organismo collettivo formato dai familiari consorziati, finalizzato all’esercizio di un’impresa agraria, cui è applicabile il principio dell’amministrazione disgiuntiva nei confronti di tutti i partecipanti, ognuno dei quali ha il potere di rappresentare il gruppo. Ne consegue che, mancando da parte della famiglia coltivatrice la nomina di un rappresentante, ciascuno dei componenti può agire o, comunque, stare in giudizio con relativa legittimazione attiva e passiva e con effetto nei confronti degli altri familiari, senza necessità della loro chiamata in causa, ove in relazione al rapporto dedotto non sia ipotizzabile una sua diversa posizione individuale.
Cassazione Civile, sez. III, 07-10-1994, n. 8198
In tema di prelazione agraria, costituisce condizione impeditiva al sorgere del diritto del proprietario-coltivatore diretto del fondo confinante la presenza, sul fondo oggetto del trasferimento, di un insediamento che tragga origine da un rapporto agrario qualificato, sia pure atipico, il quale può fondarsi anche su una situazione di partecipazione all’impresa familiare coltivatrice di cui all’art. 230 bis del cod. civ., i cui componenti possono essere assimilati ai “compartecipanti”, senza che possa rilevare che questa figura non sia stata considerata dalla legge n. 590 del 1965 e dalla legge n. 817 del 1971, costituendo essa un istituto nuovo, introdotto con la legge n. 151 del 1975, e non avendo quelle elencazioni carattere tassativo. Pertanto, il proprietario confinante non ha diritto di prelazione nel caso in cui il terreno che costituisca bene dell’azienda agricola esercitata da impresa familiare coltivatrice sia oggetto di trasferimento a titolo oneroso dall’uno ad altro dei familiari compartecipanti all’impresa, sempre che permanga la continuazione della destinazione di quel bene alla coltivazione diretta da parte dell’acquirente.
Cassazione Civile, sez. III, 26-03-1990, n. 2424
Nel regime anteriore all’entrata in vigore della legge 3 maggio 1982, n. 203 relativa alla nuova disciplina dei contratti agrari, il diritto di prelazione e di riscatto agrari possono essere esercitati – secondo la tassativa elencazione contenuta nell’art. 8, comma primo, legge 26 maggio 1965, n. 590 – solo da chi, per effetto di un contratto concluso con il concedente, sia affittuario coltivatore diretto o mezzadro o colono o compartecipe non stagionale del fondo, nonché – a norma dell’art. 7 legge 14 agosto 1971, n. 817 – dal proprietario coltivatore diretto di un fondo confinante, con l’esclusione di coloro che coadiuvano il titolare nella coltivazione del fondo quali componenti della sua famiglia, pure se il loro apporto lavorativo sia determinante per l’attribuzione al titolare della qualifica di coltivatore diretto ed ancorché si configuri un’impresa familiare a termini dell’art. 230 bis cod. civ., non avendo i relativi diritti ed obblighi rilevanza esterna nei confronti del proprietario del fondo.