Il diritto di visita dei parenti: da interesse legittimo a diritto soggettivo condizionato, ma pur sempre direttamente non azionabile da parte dei nonni

Il diritto di visita dei nonni


A) Solo i genitori possono chiedere la revisione delle condizioni di separazione.
L’interpretazione letterale degli artt. 155 ter c.c. e 710 c.p.c. esclude la legittimazione dei nonni a chiedere la modifica delle condizioni di separazione o di divorzio.
B) Gli ascendenti non vantano un diritto di visita direttamente tutelabile nei confronti dei nipoti.
Non è ravvisabile un diritto degli ascendenti e dei parenti ad avere rapporti personali con la prole, ma solo un diritto del minore a conservare detti rapporti, ove in precedenza fossero significativi.

Tribunale di Reggio Emilia, decreto 16/17 maggio 2007

1. Il caso

Il decreto che si annota, pronunciato dal tribunale di Reggio Emilia a definizione del giudizio camerale di modifica delle condizioni di separazione, risolve in maniera approfondita e ricca di riferimenti giurisprudenziali il tema della legittimazione ad agire dei nonni che vogliono far valere le proprie aspettative di visita e frequentazione dei nipoti.

Conformemente alla consolidata giurisprudenza di legittimità e di merito, il tribunale statuisce che il diritto a chiedere la modifica delle condizioni di separazione ex artt. 155 ter e 710 c.p.c. spetti solo ai genitori e che tale limite permanga anche a seguito dell’entrata in vigore della nuove disposizioni introdotte dalla legge 54/20061.

Secondo la Corte, il nuovo testo dell’art. 155 c.c.attribuisce al solo minore il diritto di … conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale, mentre questi ultimi hanno un mero interesse a che le condizioni di separazione consentano loro di avere relazioni personali con la prole.

In sostanza, la riforma del diritto di famiglia recepirebbe l’indirizzo giurisprudenziale secondo cui il tribunale ordinario o quello per i minorenni possono disporre, esclusivamente su domanda di una delle parti – ma sul punto torneremo in seguito -che il minore possa trascorrere una parte del tempo anche presso i nonni paterni o materni. A parere del giudicante i parenti non possono, però, chiedere la modifica delle condizioni di separazione. Ostano, infatti, una serie di ragioni: riconoscere la legittimazione processuale agli avi significa attribuire loro anche il diritto di chiedere la fissazione delle condizioni di separazione o divorzio; comporta, di conseguenza, l’estensione del contraddittorio a tutti i congiunti, sino al sesto grado, per ciascun ramo genitoriale, o quanto meno la facoltà di intervenire nei rispettivi giudizi. Tale tesi legittima le parti (nell’accezione così estesa) ad avanzare apposite richieste nei confronti dei coniugi, ovvero a proporre impugnazione avverso la sentenza, con un litisconsorzio che condurrebbe a conseguenze inaccettabili dal punto di vista pratico. L’interpretazione censurata consente, infine, ai terzi di influire su rapporti personalissimi, quali, ad esempio, quelli tra genitori e figli, in violazione dell’art. 30 Cost. Il tribunale, portando alle estreme conseguenze il ragionamento, osserva, inoltre, che sarebbe necessario riconoscere, a parenti ed affini, il potere di intervenire anche nel giudizio instaurato tra genitori non coniugati, così stravolgendo la scala di valori fissata dalla costituzione.

Inevitabile conclusione è, quindi, quella di negare la legittimazione attiva degli avi, pur potendo il giudice tener conto, nell’esclusivo interesse del minore, di figure parentali diverse dai genitori.

2. Nonni e nipoti una relazione giuridicamente rilevante

Il nostro ordinamento giuridico, diversamente da altri sistemi stranieri2, non consacra un diritto dei nonni a mantenere una relazione stabile e significativa con i propri nipoti3. Non vi è, infatti, alcuna norma che riconosca loro una situazione giuridico-soggettiva attiva da opporre ai poteri dei genitori (o del tutore)4.

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La giurisprudenza5 ammette, però, che gli avi, in caso di abuso dei poteri parentali, possano manifestare la propria ingerenza, in forza del combinato disposto degli artt. 147 e 148 c.c.6, ovvero dell’art. 348, co. 2, c.c.7, nonché degli artt. 433 e 536 c.c., concernenti i rapporti di contenuto economico. In altre pronunce8, infine, è dato ravvisare un richiamo agli artt. 29 e 30, 3° co., Cost. Se pur con affermazioni di principio, inoltre, alcune statuizioni di merito9, ispirate dall’intento di favorire la crescita psicologica del minore, hanno qualificato “dovere dell’esercente la potestà” quello di tenere vivo nei figli l’affetto verso i nonni. Anche la Suprema Corte10 è entrata nel merito della questione, dichiarando che la mancanza di un’espressa previsione di legge non impedisce al giudice di riconoscere e regolamentare le facoltà di incontro dei nonni con i minori, né conferisce a tale possibilità carattere solo “residuale”. In altri termini, soltanto gravissimi motivi possono escludere la frequentazione tra i figli e parenti. In applicazione di questo principio, non viene, pertanto, considerato valido l’accordo, intercorso tra i coniugi in sede di separazione, che neghi il diritto di visita ai nonni11.

I nonni vantano un diritto soggettivo a mantenere rapporti significativi con i nipoti o un mero interesse legittimo?

Passando ad analizzare il problema solamente dal punto di vista di questi ultimi, la dottrina è sostanzialmente divisa su due opposte posizioni. Quella, prevalente12, a cui si conforma tutta la giurisprudenza, nega l’esistenza del diritto di visita dei nonni, qualificando tale situazione giuridica come un interesse legittimo13 di diritto privato14, protetto solo in via riflessa e mediata.

Quella minoritaria15, invece, riconosce loro un vero e proprio diritto soggettivo perfetto ed inviolabile, se pur condizionato dall’assenza di un prevalente interesse contrario del minore16. Gli avi, pertanto, vanterebbero un fondamentale diritto della persona che non si porrebbe su di un piano inferiore rispetto a quello dei genitori, perché il legame che unisce i nonni ai nipoti “non può e non deve essere considerato meno importante” della relazione “tra genitori e figli”17.

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Entrambe soluzioni, peraltro, riconoscono pacificamente ai minori il diritto a mantenere un legame affettivo con i nonni ed affermano che se detto rapporto si rivela fonte di disagio18 va senz’altro vietato o, comunque, regolamentato.

3. La tutela del diritto di visita

Nel paragrafo precedente abbiamo potuto riscontrare che la strada per rendere effettivo l’obbligo, gravante sui genitori, di consentire ai nonni il contatto con i nipoti è meramente indiretta e viene offerta dagli artt. 333-336 c.c. che individuano i parenti tra i legittimati a sollecitare un controllo sull’esercizio della potestà dei genitori19.

Gli avi possono, pertanto, promuovere un procedimento ablativo o limitativo della potestà20 (avanti il tribunale per i minorenni, ex art. 38 disp. att. c.c.)21, qualora il genitore sacrifichi il diritto dei figli ad intrattenere relazioni significative stabili con i nonni22, senza che ciò sia il mezzo per proteggere un altro (prevalente) interesse del minore. All’esito del giudizio, il Tribunale è chiamato ad adottare i provvedimenti convenienti a favore della prole, la quale ha sempre diritto ad una vita serena, ricca di premure e di attenzioni23. Qualora, pertanto, la separazione personale sia caratterizzata da un’accesa conflittualità delle parti, assai pregiudizievole allo stabile equilibrio psicologico dei figli, il tribunale per i minorenni dispone l’allontanamento immediato dal genitore cui erano stati affidati con provvedimento presidenziale ex art. 710 c.p.c. Ha competenza anche a collocarli in affidamento presso i nonni, che, fin dalla nascita, hanno costituito un costante, fondamentale referente pedagogico ed affettivo24.

Anche il giudice ordinario può adottare provvedimenti volti a garantire incontri e contatti tra nonni e nipoti se la questione sorge nel corso della separazione o del divorzio. Il Presidente del tribunale, nell’emettere i provvedimenti provvisori ed urgenti ex art. 708 c.p.c., in presenza di gravi motivi25 ed anche senza una richiesta di parte in tal senso26, può disporre che la prole sia affidata a soggetti diversi dai genitori. Tra i vari pretendenti, possono essere preferiti i nonni, tenendo sempre presente che l’affidamento è provvisorio e inidoneo, per il suo contenuto, a negare o comprimere poteri, doveri e responsabilità27 dei genitori. Il Presidente del tribunale o il giudice designato possono, infine, disporre una stabile convivenza tra nonni e nipoti, al fine di agevolare l’affidamento congiunto dei figli ai genitori separati28.

A maggior ragione, il giudice deve adottare prescrizioni che regolino le relazioni personali del minore con i propri ascendenti29 e può – contrariamente a quanto sostenuto dal decreto in commento – procedere anche d’ufficio. Infatti, nell’ampia previsione dell’art. 155, 2° co., c.c., secondo cui il giudice «adotta i provvedimenti relativi alla prole, con esclusivo riferimento all’interesse morale e materiale di essa», si deve ritenere senz’altro inclusa la facoltà di statuire su tempi e modalità di incontro tra i minori e i parenti prossimi che rivestano un ruolo affettivamente significativo e il cui rapporto rischi di essere ostacolato dall’ingiustificato ostruzionismo dell’uno o dell’altro genitore. La giurisprudenza richiama proprio il novellato articolo 155 c.c.30 per garantire al minore le stesse possibilità di libero accesso nei confronti dei parenti che la legge riconosce ai genitori31.

I provvedimenti in esame (siano essi ordinanze presidenziali, decreti collegiali o sentenze) non generano, però, diritti in capo ai nonni, ma esclusivamente obblighi che il genitore, affidatario o non affidatario32, deve adempiere nell’interesse dei minori33.

La tesi dell’inammissibilità dell’intervento dei nonni nei procedimenti di separazione e di divorzio

La giurisprudenza di legittimità e quella largamente maggioritaria di merito negano, pertanto, la possibilità di una tutela diretta dei nonni che chiedano il regolamento giudiziale del rapporto con i nipoti, pronunciando l’inammissibilità del loro intervento nel giudizio di separazione/divorzio34. Ai sensi dell’art. 150 c.c., solo i coniugi, – secondo l’argomentazione addotta – hanno l’esclusiva legittimazione ad agire e contraddire, talché il procedimento appare connotato dalla pacifica inammissibilità dell’intervento di terzi35, in ragione della non configurabilità, in capo a questi ultimi, di diritti relativi all’oggetto36 e dipendenti dal titolo dedotto in giudizio37.

La tesi non è del tutto condivisibile: se è pur vero che l’intervento dei terzi nel processo è inammissibile con riferimento alla domanda principale volta a ottenere lo scioglimento del vincolo matrimoniale (o la cessazione dei suoi effetti civili), in considerazione del carattere personalissimo dell’azione38, esso è, invece, consentito con riferimento alle domande accessorie o connesse39. Può intervenire in giudizio, ad esempio, chi voglia far valere i propri diritti sull’abitazione familiare, in relazione alla domanda di assegnazione ex art. 6 l. div.40 o il compartecipe in relazione alla domanda di scioglimento della comunione legale chiesta in sede di divorzio. Va, inoltre, ricordato che la legge sull’affidamento condiviso, nel riconoscere anche ai figli maggiorenni diritti patrimoniali nei confronti dei propri genitori41, legittima il loro intervento nella separazione e negli altri giudizi ai quali siano applicabili le nuove norme42. Il figlio maggiorenne potrà, pertanto, chiedere la corresponsione dell’assegno di mantenimento, trattandosi di una domanda connessa per dipendenza dal titolo della domanda introdotta in via principale.

La lunga premessa mi porta, dunque, a condividere quelle sparute pronunce che, dopo aver riconosciuto la legittimazione ad agire esclusivamente in capo ai coniugi, ammettono l’intervento adesivo dipendente (105 c.p.c.)43 degli ascendenti. Questi ultimi possono, così, sostenere le ragioni del genitore che intenda attuare il diritto del figlio a conservare rapporti significativi con i parenti44. Diritto, consacrato nell’art. 155 c.c., che costituisce esplicitamente anche oggetto del giudizio di separazione.

La realizzazione delle pretese dei nonni resta, pertanto, affidata ai poteri ufficiosi del giudice o alle istanze e conclusioni dei genitori, anche a seguito della L. 54/2006.

Bisogna, tuttavia, dar conto di un solo precedente di merito che si discosta da questa ricostruzione e riconosce esplicitamente la legittimazione attiva degli avi a mantenere intatto il loro diritto a frequentare i nipoti.

Dopo un giudizio di separazione legale tra coniugi con prole minorenne, estinto per la morte di uno di essi, i nonni, nella vigenza dei provvedimenti presidenziali ex art. 708 c.p.c., avevano, con autonomo ricorso, adito il tribunale ordinario di Catania45. Gli istanti sostenevano che la madre avesse interdetto loro ogni contatto con i nipoti e, pertanto, chiedevano il riconoscimento e la tutela concreta del diritto di visita loro spettante. Il tribunale ha ritenuto ammissibile l’azione poiché essa trova giustificazione nel preminente interesse della prole, tenuto conto del potenziale, non trascurabile pregiudizio derivante ai minori dal divieto di relazioni affettive intrafamiliari. Detti rapporti vengono qualificati “conformi ai principi etici del nostro ordinamento e del nostro costume”, nonché “altamente” benefici “per la personalità minorile, ove” mantenuti “in termini di frequenza e di durata tali da non compromettere la funzione educativa spettante al genitore”.

La soluzione, peraltro discutibile, produce effetti dirompenti anche dal punto di vista sostanziale perché apre la porta al riconoscimento di eventuali richieste risarcitorie dell’avo, ogni qual volta il suo diritto46 sia stato colposamente o dolosamente violato dall’esercente la potestà47.

Cass. Civ. Sez. Unite, Ord. 09-12-2008, n. 28875
artt. 147, 148, 155, 155 ter, 333-336, 433, 536 c.c.
artt. 105, 708, 710 c.p.c.

Il testo integrale della nota a Tribunale di Reggio Emilia, decreto 16/17 maggio 2007 è pubblicato su Famiglia, Persone e Successioni, 2008, fasc. 3, pagg. 227-233.

Autore: Francesco Tedioli

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