1. Le norme a tutela della parte debole del rapporto contrattuale
La L. 203/1982 contiene una serie di norme, in tema di affitto agrario, che dettano precise regole, ad es., in ordine alla durata del contratto1, al suo rinnovo2, al recesso3, alla risoluzione per grave inadempimento del conduttore4, all’indennizzo per eventuali miglioramenti5 ed alla continuazione del rapporto in caso di morte dell’affittuario.
Queste disposizioni, a tutela della parte debole dal rapporto contrattuale, vengono qualificate, dall’articolo 58, come (relativamente) inderogabili, con la conseguenza che, qualora le parti pattuiscano clausole in difformità dal modello legale (trattandosi di nullità di protezione), esse vengono automaticamente sostituite, ex articolo 1339 cod. civ., con quelle previste L. 203/1982, ferma restando l’esistenza e la validità del contratto di affitto ex articolo 1419, comma 2, cod. civ.6
2. L’intervento delle associazioni sindacali
L’articolo 457 permette alle parti di derogare8 alle disposizioni imperative in materia di contratti agrari9, purché i relativi accordi10, anche non aventi natura transattiva, siano stipulati con l’assistenza delle rispettive organizzazioni professionali di categoria, maggiormente rappresentative a livello nazionale, tramite le organizzazioni provinciali11.
Con tale norma, il Legislatore – spinto dall’esigenza di realizzare un miglior coordinamento tra gli interessi individuali in conflitto – ha, senza dubbio, voluto valorizzare l’autonomia contrattuale delle parti compressa dalle preesistenti disposizioni.
In secondo luogo, l’articolo 45 ha rivitalizzato il mercato degli affitti dei fondi rustici, che era divenuto asfittico e semiparalizzato, a causa della lunga stagione della legislazione vincolistica12. Con l’intervento delle organizzazioni professionali di categoria, si è, infine, posta l’attenzione anche sulla tutela degli interessi collettivi coinvolti.
Semplicemente leggendo la norma, sorgono quantomeno tre dubbi interpretativi, che sono stati oggetto di plurime statuizioni giurisdizionali:
- in che cosa consista l’assistenza delle rispettive organizzazioni professionali;
- se sia necessario o meno che l’assistenza venga prestata in favore di entrambe le parti (proprietà ed affittuario);
- quale sia il significato di associazioni sindacali “maggiormente rappresentative a livello nazionale”.
3. L’assistenza contrattuale da parte delle organizzazioni sindacali
La corretta interpretazione da dare al termine “assistenza”13 è frutto dell’intervento giurisprudenziale, secondo cui è sinonimo di effettiva attività di consulenza e di indirizzo, tale da chiarire alle parti il contenuto e lo scopo delle singole clausole contrattuali, che si discostino dalla previsione di legge, affinché la stipula avvenga con la massima consapevolezza e trasparenza possibile14.
Perché si abbia un “procedimento contrattuale valido” è essenziale che le associazioni professionali di categoria siano poste in condizione di conoscere la situazione di fatto in relazione alla quale le parti si accingono a concludere l’accordo e così di interloquire nel loro interesse sul relativo contenuto15.

E’ indiscusso che la mera presenza fisica del rappresentante dell’organizzazione di categoria di appartenenza non può considerarsi sufficiente, qualora lo stesso si limiti a sottoscrivere l’accordo senza aver preso parte alla fase di trattativa, volta all’individuazione del contenuto della convenzione16. In altre parole, la sua partecipazione non si può estrinsecare in una neutrale presa d’atto, con l’apposizione di un visto e di una semplice controfirma, giudicate inidonee17.
Non è, invece, richiesta una diligente valutazione dell’opportunità o convenienza dell’affare, o anche della validità ed eseguibilità del contratto alla stregua non della legislazione agraria ma del diritto civile. Si tratta, infatti, di aspetti in relazione ai quali la parte dispone dei comuni rimedi previsti dall’ordinamento: l’annullamento, la rescissione o la risoluzione per l’inadempimento18.
Se l’accordo, che prevede pattuizioni in deroga, non viene sottoscritto dal rappresentante sindacale o se risulta provato che quest’ultimo non ha prestato la sua effettiva e partecipativa assistenza tecnica nella stesura delle clausole19, operano automaticamente le norme imperative dettate dalla L. 203/1982.
Trattandosi, come detto di una “nullità di protezione”, essa può essere fatta valere solo dalla parte che lamenti di non essere stata assistita20 e su di essa grava l’onere della prova che, nonostante la formale sottoscrizione, il rappresentante della sua associazione di categoria non ha prestato un’adeguata ed effettiva consulenza21.
Questi principi di diritto spesso rimangono solo “sulla carta”, nel senso che, in presenza di una dichiarazione contrattuale22 che dà atto dell’assistenza (o, semplicemente, della presenza) del rappresentante sindacale dell’affittuario, accompagnata dalla sua sottoscrizione del documento negoziale, fornire la prova contraria è estremamente difficile, se non impossibile. Infatti, la giurisprudenza23 ritiene probante la sottoscrizione, da parte dei contraenti e dei loro rappresentanti sindacali, del documento negoziale. Ciò significa che:
- la dichiarazione dell’esistenza dell’assistenza sindacale contenuta nel documento negoziale non attiene a diritti indisponibili, non riguarda la ricezione di una specifica e dettagliata informazione tecnica sul negozio e, in considerazione della sua natura confessoria, ha valore di prova legale. Per inficiarla, non può essere ammessa la prova per testimoni (volta a dimostrare che la dichiarata assistenza dell’organizzazione di categoria non si era concretamente svolta come una effettiva attività di consulenza e di indirizzo24);
- se si dà atto dell’assistenza dell’attività di consulenza ed indirizzo svolta dall’associazione professionale, nel testo contrattuale, la sottoscrizione del documento dai contraenti e dai loro rispettivi rappresentanti sindacali è probante e, in difetto di proposizione di apposita azione di annullamento per vizio della volontà, tale efficacia probatoria non può essere disattesa mediante la deduzione di una prova orale, diretta a dimostrare la non corrispondenza al vero di quanto liberamente attestato dai contraenti25.
La stessa giurisprudenza ridimensiona l’importanza dell’assistenza sindacale anche quando afferma che “nella relativa nozione può rientrare ogni azione o comportamento che valga a sostenere gli interessi della parte assistita”. Conseguentemente, essa può manifestarsi – alternativamente – sia nella fase preliminare delle trattative, sia nella redazione del testo contrattuale, sia anche nella sola fase conclusiva del contratto26. La parte, infatti, può acquisire anche in sede di perfezione del contratto la consapevolezza dei suoi diritti e delle proprie controbilanciate rinunce e aderire o meno liberamente a quanto proposto mediante la sottoscrizione del contratto. In tale evenienza è bastevole l’assistenza dei rappresentanti di categoria anche nella sola fase della sottoscrizione dell’accordo27”.
4. E’ necessaria la presenza di entrambe le associazioni?
La giurisprudenza più recente28, componendo un contrasto interpretativo, ha affermato che, ai fini della validità dei patti in deroga, è sufficiente che, al momento della stipula, soltanto gli affittuari, e non anche i proprietari, siano stati assistiti da un rappresentante dell’organizzazione professionale cui aderiscono. Poiché la nullità ex articolo 45 può essere fatta valere soltanto dalla parte interessata, che non sia stata assistita, ne consegue che, se il contratto, oltre che dalle parti, è sottoscritto dal solo sindacato rappresentativo dell’affittuario, è pienamente valido.
La mancata assistenza sindacale del proprietario non può essere impugnata dall’affittuario, ma solamente dal primo, qualora ne abbia interesse, ma il caso pare essere “di scuola”, atteso che le nullità di protezione sono tutte a favore dell’affittuario.
Molto frequentemente una stessa organizzazione professionale rappresenta sia il concedente che l’affittuario. Ci si chiede, dunque, se ciò sia possibile e valido o meglio, se l’assistenza così prestata sia effettiva.
La giurisprudenza, ormai consolidata, afferma che è sufficiente che le parti, al momento della stipula, siano state assistite ciascuna da un rappresentante dell’organizzazione professionale cui aderiscono, e che tali rappresentanti siano persone diverse. E’ irrilevante che i due rappresentanti appartengano alla medesima organizzazione o, addirittura, che quest’ultima non abbia uffici distinti specificamente preposti alla tutela di interessi differenziati29.
Va precisato, infine, che l’assistenza delle organizzazioni professionali non è richiesta in caso di accordi conciliativi sottoscritti davanti al giudice, anche nel caso in cui gli stessi comportino la costituzione di nuovi rapporti agrari, perché la presenza del giudice è garanzia di correttezza degli accordi raggiunti dalle parti e della loro traduzione in appropriate formule giuridiche30.
5. Quali associazioni possono stipulare patti agrari in deroga?
Nessuna fonte normativa chiarisce cosa l’articolo 45 intenda per “organizzazioni agricole professionali” “maggiormente rappresentative a livello nazionale”31, né esiste un loro elenco.
Sul punto va richiamato un’importante sentenza del Tribunale di Mantova32, in ordine alla validità di un contratto di affitto in deroga, stipulato da un agricoltore assistito da un’associazione nazionale di contoterzisti, la quale aveva modificato il proprio statuto per fornire tutela anche agli imprenditori agricoli professionali e dei coltivatori diretti. La sezione Specializzata Agraria ha escluso che questa associazione potesse tutelare imprese agricole, atteso che le imprese agromeccaniche non sono agricole, bensì commerciali, “perché svolgono attività a favore di terzi”. La previsione statutaria della possibilità di offrire tutela anche agli operatori agricoli non viene considerata sufficiente atteso il ridotto numero di associati agricoltori, circostanza questa che contrasta con il carattere di rappresentatività nazionale all’associazione.
Il Tribunale afferma, quindi, che l’associazione non è legittimata a fornire assistenza per la stipula di contratti di affitto agrario e nega la validità delle pattuizioni in deroga contenute nel contratto. Dalla pronuncia si può trarre il seguente principio di diritto:
il possesso da parte di una organizzazione professionale agricola del requisito della maggiore rappresentatività a livello nazionale va accertato con riguardo alla situazione contingente, sulla base di un’adeguata diffusione della struttura organizzativa sul territorio nazionale, del consistente numero degli iscritti, nonché dello svolgimento di attività concretamente rilevanti ai fini della tutela degli interessi degli agricoltori. Questi aspetti sono desumibili, ad es. dalla partecipazione alle trattative per la stipulazione dei CCNL di settore e dalla loro sottoscrizione, dalla presenza di propri rappresentanti in organizzazioni o istituzioni di diritto pubblico e dalla costituzione di propri centri di assistenza agricola.
Il testo integrale della nota è pubblicato sulla Rivista per la consulenza in agricoltura, 72/2022, pagine 17-23.
Autore: Francesco Tedioli
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