La normativa che disciplina l’affitto di un fondo rustico è quasi interamente contenuta nella Legge n. 203 del 1982 (artt. 1-7) ed è caratterizzata da una particolare tutela del coltivatore diretto/affittuario che gode (ove non si ricorra a patti in deroga) di una posizione privilegiata rispetto al proprietario locatore. Ad esempio, solo all’affittuario, è riconosciuto il diritto di recedere dal contratto di affitto agrario in qualsiasi momento. Il proprietario, invece, lo può fare solo in ipotesi di grave inadempimento, predeterminate e ben definite dalla legge; senza contare che l’affittuario inadempiente potrà scongiurare la risoluzione, sanando tempestivamente il proprio inadempimento.
GIURISPRUDENZA
Cass. 23 novembre 2022, n. 34411
In tema di contratti agrari, ai sensi dell’art. 49, comma 1, della l. n. 203 del 1982, la successione dell’erede all’affittuario coltivatore diretto nel contratto agrario, di cui era già parte il “de cuius“, è possibile, sempre che il preteso successore dimostri la ricorrenza delle condizioni richieste dalla legge. Ne consegue che, in caso di contestazione, chi intenda subentrare nel rapporto non deve soltanto dedurre la propria qualità di erede dell’affittuario, ma è anche tenuto a fornire la prova di essere “imprenditore agricolo a titolo principale”(ora qualificato “imprenditore agricolo professionale” dall’art. 1 d.lgs. n. 99 del 2004), coltivatore diretto o, ancora, eventualmente, soggetto equiparato ai coltivatori diretti ex art. 7, comma 2, della l. n. 203 del 1982 e di avere esercitato e di continuare ad esercitare, al momento dell’apertura della successione, attività agricola sui terreni coltivati dal “de cuius“.
Cass. Sez. III Civ. 17 giugno 2022, n. 19605 ord.
L’art. 999 c.c., comma 1 – in base al quale le locazioni concluse dall’usufruttuario, in corso al tempo della cessazione dell’usufrutto, purché constino da atto pubblico o da scrittura privata di data certa anteriore, continuano per la durata stabilita, ma non oltre il quinquennio dalla cessazione dell’usufrutto è norma di carattere speciale rispetto a quelle, di carattere generale, di cui della legge n. 203 del 1982, artt. 1 e 41, che, prevedendo per i contratti di affitto a coltivatore diretto una diversa durata e l’assenza di vincoli formali, non hanno abrogato la norma codicistica; ne consegue che tali contratti, ove stipulati dall’usufruttuario del fondo, sono soggetti, in caso di cessazione dell’usufrutto, al limite di durata
quinquennale di cui all’art. 999 c.c., comma 1.
Trib. Alessandria, Sez. spec. agr. 15 giugno 2021, n. 478
L’art. 1 comma 346 della legge finanziaria 311/2004 non si applica ai contratti di affitto di fondi rustici a coltivatore diretto, pur se soggetti all’obbligo di registrazione.
App. Reggio Calabria, Sez. L, 1° febbraio 2021, n. 35
Il contratto di affitto di fondo rustico deve possedere tutti i requisiti propri di tale tipologia contrattuale (o ab origine, ovvero per effetto di conversione) e tali requisiti devono essere allegati e provati da chi voglia far valere il contratto in giudizio. Con la precisazione che tra tali requisiti v’è senza dubbio il pagamento di un canone periodico ad opera del conduttore. La dazione di una parte dei frutti percepiti (senza specificazione della quota ed ogni altro dettaglio della regolamentazione dei rapporti) oltre che imprecisata nella entità e nel dato temporale di rifermento e la relativa periodicità, non vale a configurare tale requisito.