È assai frequente che il coltivatore diretto o l’imprenditore agricolo professionale ricorra all’ISMEA (Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare)1 per l’acquisto di un fondo rustico.
L’iter volto al perfezionamento dell’operazione si può articolare come segue.
Il futuro acquirente concorda con il proprietario le condizioni contrattuali della vendita o stipula un contratto preliminare sottoposto alla condizione sospensiva rappresentata dall’intervento di ISMEA.
L’interessato trasmette, poi, la domanda di finanziamento2 e l’offerta o il compromesso all’Istituto, il quale svolge un’istruttoria al fine di valutare la congruità del prezzo, la legittimità dei titoli di provenienza, la libera disponibilità del fondo, il pagamento di pregresse tasse, imposte o oneri fiscali e la mancata percezione di benefici pubblici sui terreni nei precedenti 10 anni.

L’ISMEA, se delibera di approvare la domanda, acquista direttamente il fondo dal proprietario e, poi, lo rivende (con una maggiorazione non superiore al 2,5 % rispetto al prezzo di acquisto) all’interessato. La vendita è soggetta a patto di riservato dominio ex art. 1523 c.c3: il compratore è, quindi, immesso nel possesso del fondo al momento della stipula del rogito e ne assume la custodia sino al pagamento dell’ultima rata del prezzo. L’effetto traslativo della proprietà si verifica, invece, solo al momento del saldo dell’ultima rata o all’anticipato pagamento del prezzo in caso di riscatto.
Il rogito, che può avere per oggetto sia terreni che le relative pertinenze, qualificati agricoli in base a strumenti urbanistici vigenti, è esente dall’imposta di bollo, è soggetto alle imposte di registro ed ipotecaria nella misura fissa ed all’imposta catastale nella misura dell’1 per cento. Le competenze notarili sono ridotte al 50% (ex art. 2, comma 4-bis, del Decreto Legge 30 dicembre 2009, n. 194, convertito nella legge 26 febbraio 2010, n. 25).
Tutte le spese anticipate dall’ISMEA per l’istruttoria tecnica, legale ed amministrativa della domanda di intervento, quelle dei rogiti afferenti il primo acquisto e la successiva rivendita, sono contemplate nelle rate di mutuo (comprensive di quota capitale ed interessi ad un tasso estremamente vantaggioso, sulla base di un piano di ammortamento).
Tra le varie obbligazioni contrattuali a carico della parte acquirente con patto di riservato dominio, vi sono quelle: di migliorare il fondo; di non cessarne volontariamente la coltivazione o conduzione diretta o mutarne la destinazione d’uso senza autorizzazione dell’ISMEA; di pagare tutti gli oneri fiscali e contributivi derivanti dalla conduzione, compresi gli oneri di bonifica.
Il contratto di acquisto dall’ISMEA prevede, generalmente, la risoluzione di diritto in caso di morosità dell’acquirente (per almeno 2 rate semestrali del prezzo), o se viene meno della continuità soggettiva della coltivazione diretta del fondo. Nella prima ipotesi, il contratto stabilisce che le rate del prezzo già versate siano trattenute a titolo di indennizzo, salvo in ogni caso il risarcimento del danno.
In tal caso l’ISMEA ha diritto a riacquistare la disponibilità degli immobili ed a procedere a nuova assegnazione ad altri coltivatori che ne abbiano fatto richiesta.
Trascorsi 5 anni dalla data di sottoscrizione del rogito, la parte acquirente può chiedere di anticipare il pagamento del residuo prezzo in un’unica soluzione, ottenendo la cancellazione del patto di riservato dominio. Qualora, al momento del pagamento anticipato del prezzo, la parte acquirente sia costituita da più soggetti, la relativa richiesta può essere formulata anche da ciascuno di essi singolarmente.

Ai sensi dell’art. 9, del D.Lgs. 24.2.1948, n. 114, così come modificato dall’art. 11 del D.Lgs. 18.5.2001, n. 228, l’acquirente non può, prima che siano trascorsi cinque anni dalla data del rogito, alienare o cessare volontariamente la coltivazione o la conduzione diretta del fondo oggetto di vendita, sotto pena di risoluzione, di pieno diritto, del contratto di acquisto con patto di riservato dominio e decadenza dai benefici fiscali ottenuti. Tale clausola non opera se il fondo viene ceduto al coniuge, ai parenti fino a 3° grado, ad affini entro 2° grado che esercitano attività di imprenditore agricolo, purché non sia mutata la destinazione agricola del fondo.
Il termine summenzionato non va confuso con il quinquennio, a decorrere dal quale il bene può essere venduto senza che si realizzi una plusvalenza tassabile (ex art. 67 TUIR). Tale termine decorre dal pagamento dell’ultima rata del prezzo.
La rivendita anticipata può avere conseguenze importanti anche per quanto concerne la decadenza dalle agevolazioni PPC che, a norma di quanto previsto D.L. n. 194/2009, si verifica nel caso in cui l’acquirente cede volontariamente i terreni, a qualsiasi titolo, oppure cessi di coltivarli o condurli direttamente prima che siano trascorsi cinque anni dall’acquisto.
La giurisprudenza4 chiarisce, inoltre, che:
- in caso di fallimento del compratore che abbia acquistato con riserva di proprietà, il venditore può richiedere la restituzione della cosa nell’ipotesi di scioglimento del contratto, quando ancora il curatore non si sia avvalso della facoltà di subentrare nel rapporto negoziale, oppure può proseguire l’azione di risoluzione già intrapresa nei confronti dell’acquirente successivamente fallito. Dopo la dichiarazione di fallimento e ove il curatore si sia avvalso della facoltà di subentrare nel contratto in corso, non può, invece, chiedere la risoluzione dello stesso – ancorché fondata su clausola risolutiva espressa – per il pregresso inadempimento del fallito. Il fallimento determina, infatti, la destinazione del patrimonio di quest’ultimo al soddisfacimento paritario di tutti i creditori, con l’effetto che la pronunzia di risoluzione non può produrre effetti restitutori e risarcitori, perché sarebbero lesivi della “par condicio“;
- a nulla rileva l’inadempimento della massa dei creditori nel pagamento delle rate annuali, nemmeno se si concreta nella misura di innesco della clausola risolutiva di diritto del contratto, inopponibile al fallimento;
- la perdita della qualità di coltivazione del fondo – certamente il curatore che subentra nel contratto, difetta della suddetta qualifica – va intesa come “cessazione volontaria della coltivazione diretta” (Cass. 7498/1996). Tale evento dismissivo non ricorre, invece, nel caso di fallimento, né quanto alla condizione professionale del fallito, né quanto a quella del curatore
Ai sensi dell’art. 11 della L. 14.8.1971 n. 817, così come modificato dall’art. 11 D.Lgs. 18.5.2001 n. 228, i beni acquistati con patto di riservato dominio (e le agevolazioni creditizie concesse per la formazione o l’ampliamento della proprietà coltivatrice) sono soggetti al vincolo di indivisibilità per la durata di quindici anni dal rogito5. È nullo qualsiasi atto compiuto in violazione del vincolo di indivisibilità.
Esso può essere, peraltro, revocato, a domanda degli interessati, qualora, in caso di successione ereditaria, i fondi siano divisibili fra gli eredi, in quanto aventi caratteristiche o suscettività per realizzare imprese familiari efficienti sotto il profilo tecnico ed economico6.
Un’ulteriore ipotesi di revoca del vincolo si verifica quando, nei 15 anni, muti la destinazione agricola del fondo per effetto degli strumenti urbanistici vigenti. In caso di esproprio, ISMEA revoca il vincolo di indivisibilità “limitatamente alla porzione di terreno interessata dalla procedura espropriativa finalizzata alla realizzazione di opere pubbliche o di pubblica utilità da parte di soggetto pubblico o privato”. All’assegnatario del fondo spetta in tal caso l’indennità prevista per l’esproprio.
Il testo del saggio è pubblicato sulla rivista Consulenza Agricola, 8-9/2021, pagine 33-34.
Autore: Francesco Tedioli